sabato, Aprile 12, 2025
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Il mercato dei vini “No-Lo” cresce del 38%: nuove opportunità per il settore

Mercato dei vini No-Lo cresce del 38% al 2028, raggiungendo 3,3 miliardi di dollari. Un'opportunità aggiuntiva per le cantine italiane nel segmento dealcolati.

Il mercato globale dei vini No-Lo (no e low alcohol) vale attualmente 2,4 miliardi di dollari e si prevede raggiungerà i 3,3 miliardi di dollari entro il 2028. Questi dati emergono dall’analisi dell’Osservatorio del Vino UIV-Vinitaly su base dati Iwsr, presentata durante il convegno “Zero alcohol e le attese del mercato” a Vinitaly. Il segmento, nelle due varianti zero e low, mostra un tasso di crescita annuale composto (Cagr 2028/24) dell’8% a valore e del 7% a volume, rappresentando un’area di sviluppo in un contesto dove il mercato del vino tradizionale risulta stabile o in leggero calo sia in termini di volumi (-0,9%) che di valori (+0,3%).

I mercati principali e la situazione italiana

Oltre l’80% delle vendite di prodotti No-Lo si concentra nei primi 5 Paesi, con gli Stati Uniti che dominano il mercato con uno share a valore del 63%, seguiti da Germania (10%), Regno Unito e Australia (entrambi al 4%) e Francia (2%). In Italia, il consumo è ancora marginale, rappresentando solo lo 0,1% sul totale delle vendite di vino, per un controvalore di 3,3 milioni di dollari. Secondo le stime Iwsr, questo valore dovrebbe crescere fino a 15 milioni di dollari nei prossimi 4 anni, con un Cagr atteso del 47,1%. Federico Bricolo, presidente di Veronafiere, ha sottolineato: «Abbiamo attivato l’Osservatorio Uiv-Vinitaly per un monitoraggio puntuale attento del mercato e dei consumi, uno strumento fondamentale in questa fase esplorativa. Già da questa edizione di Vinitaly abbiamo uno spazio interamente dedicato alla degustazione di prodotti No-Lo in area Mixology che sta registrando grandissimo interesse sia da parte degli operatori e dei visitatori in fiera».

Un’opportunità aggiuntiva per le cantine italiane

Paolo Castelletti, segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), ha evidenziato come questo fenomeno rappresenti «un’opportunità aggiuntiva, certo non risolutiva per il vino italiano». Pur riconoscendo che «tassi di crescita così elevati riflettono un calcolo numerico a partire da numeri molto bassi», Castelletti sottolinea «il dato tangibile di un interesse per un mercato che può rappresentare un alleato importante per le cantine italiane». I No-Lo sono visti come «un’ulteriore possibilità più che un’alternativa, legati a un consumo situazionale. A fare la differenza sarà la qualità del prodotto».

I comportamenti dei consumatori e le tendenze

I dati mostrano un interessante comportamento dei consumatori: negli Stati Uniti, mercato relativamente maturo, 7 consumatori di no-alcohol wine su 10 bevono anche vino tradizionale, e il tasso di penetrazione di no-alcohol drinks è attorno al 10% sia tra i bevitori di vino che tra gli astemi (12%). In Italia, invece, i no-alcohol drinkers rappresentano il 13% tra gli astemi ma solo il 7% tra i consumatori di vino. Secondo Carlo Flamini, responsabile dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, «i principali fattori di scelta abbracciano la salute o comunque uno stile di vita sano, con risposte che ottengono oltre il 30% dei consensi. La preoccupazione per la guida sale ai primi posti per il consumo di zero alcol, menzionata in Italia dal 45% dei consumatori e in America dal 36%, mentre la curiosità è più un driver per i low». Flamini aggiunge che comprendere a fondo le motivazioni dei consumatori «implica ragionamenti più olistici, che abbracciano anche la presentazione e il packaging». Tra gli ostacoli principali all’acquisto emerge la reperibilità dei prodotti, uno dei fattori che attualmente frenano il consumo di vini No-Lo tra chi già acquista altre bevande a gradazione ridotta o zero.

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