sabato, Giugno 7, 2025
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Horeca, vino e consumi: il futuro è nella mescita?


Alzi la mano chi, negli ultimi mesi, ordinando una bottiglia di vino al ristorante, non abbia immaginato, almeno per un attimo, la volante della polizia appostata fuori dal locale, pronta con l’alcol test.

In un’epoca in cui il timore delle sanzioni stradali si somma a un’inflazione galoppante e a una crescente attenzione per la salute, anche il modo di bere vino al ristorante sta cambiando. E così, la classica bottiglia da condividere viene sempre più spesso sostituita da un calice scelto con cura.

La mescita al bicchiere, che per anni è stata vista quasi come una scelta di ripiego, sta diventando il nuovo punto di forza dell’offerta enologica nei ristoranti. Non si tratta solo di una soluzione “salva patente”, ma di un vero e proprio fenomeno culturale che unisce voglia di sperimentare, attenzione alla qualità e ricerca di un’esperienza più personalizzata.

Complice una maggiore varietà di etichette disponibili e la crescente competenza di sommelier e ristoratori, il calice sta conquistando sempre più spazio nelle carte dei vini. Il cliente oggi vuole provare, esplorare, scoprire nuovi abbinamenti, magari cambiando vino tra antipasto, primo e secondo, e bere meno ma meglio è diventato uno stile di vita.

Per i clienti il vino al calice rappresenta un’occasione perfetta per assaggiare etichette pregiate o poco conosciute senza dover affrontare il costo e l’impegno di una bottiglia intera. È anche una scelta più adatta a uno stile di vita sobrio, attento, spesso orientato alla salute e alla moderazione.

Dal lato dei ristoratori, la mescita può diventare un potente strumento di narrazione e identità. Una lista di vini al calice ben costruita è capace di raccontare la filosofia del locale, incuriosire i clienti e instaurare un dialogo tra chi serve e chi beve. Non è però tutto oro quel che luccica, servire buoni vini al bicchiere richiede competenza, cura nella conservazione e un’attenta rotazione delle bottiglie.

Il rischio, purtroppo, è che molti locali vedano nella mescita solo un modo per aumentare i profitti, offrendo vini banali o sempre gli stessi, senza una vera visione. Come denuncia anche il critico Eric Asimov dalle colonne del New York Times, troppe carte dei vini al bicchiere si somigliano, con scelte prevedibili e prezzi gonfiati. Un’occasione sprecata, soprattutto in un momento in cui il vino ha bisogno di ritrovare slancio tra le nuove generazioni che spesso, deluse, preferiscono optare per cocktail o birre artigianali.

In controtendenza, però, stanno emergendo esperienze virtuose, ristoranti dove tutte le etichette in carta sono disponibili anche al calice, proposte creative come il “vino del giorno” servito a prezzo speciale o percorsi di degustazione ragionati e guidati. Sono questi i luoghi in cui il vino al bicchiere diventa un’esperienza, non solo una scelta pratica.

Il futuro della mescita sembra dunque promettente, grazie a strumenti come il Coravin con il quale oggi è possibile servire calici da bottiglie di altissimo livello mantenendo intatta la qualità, favorendo così anche la rotazione e l’offerta di vini rari o costosi e alla tendenza a bere in modo più consapevole, con un occhio alla salute e alla sostenibilità che gioca a favore di questa modalità di consumo.

Non mancano però le sfide, dal reperimento di buone bottiglie a prezzi accessibili all’educazione del personale e del pubblico. Servirà un cambio di mentalità, una strategia a lungo termine che veda nella mescita non un ripiego ma un’opportunità per rinnovare l’approccio al vino e mantenerlo centrale nella cultura gastronomica perché sì, un calice può anche salvarti la patente, ma può soprattutto aprirti un mondo.

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it

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