sabato, Giugno 14, 2025
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Vino sotto attacco. In Europa cresce la minaccia invisibile della contraffazione alimentare

La contraffazione alimentare continua a rappresentare un’emergenza silenziosa ma estremamente dannosa per l’Unione Europea, con conseguenze economiche, sociali e sanitarie di ampia portata. Il fenomeno è stato riportato al centro dell’attenzione il 12 giugno scorso, in occasione della Giornata Mondiale contro la Contraffazione, grazie alla pubblicazione di uno studio dettagliato da parte dell’EUIPO, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale.

Secondo i dati resi noti il settore del vino sarebbe uno dei più vulnerabili. Solo in Italia, le perdite annue ammonterebbero a 302 milioni di euro e oltre 648 posti di lavoro scomparirebbero a causa di prodotti contraffatti mentre su scala europea, il danno stimato sarebbe di 2,3 miliardi di euro con circa 5.700 posti di lavoro sacrificati sull’altare della frode alimentare. A ciò si aggiungerebbero oltre 2 miliardi di euro di gettito fiscale evaporati, una cifra che evidenzia quanto il danno economico vada di pari passo con un danno alla collettività.

L’Europa vanta più di 3.600 prodotti registrati come Indicazioni Geografiche, e il vino rappresenta più della metà del consumo complessivo di questi beni, rendendolo il bersaglio preferito delle reti criminali internazionali. Francia, Italia e Germania si collocano ai vertici sia per la produzione che per il consumo di prodotti IG, ma proprio il valore simbolico e commerciale di questi prodotti li espone in maniera particolare alla contraffazione.

Il vino, in particolare, viene imitato con etichette false, bottiglie riciclate e perfino l’uso di sostanze tossiche per riprodurre colore e gusto, mettendo a rischio la salute dei consumatori.

Le analisi condotte nell’ambito della maxi-operazione Opson coordinata da Europol e Interpol e giunta alla sua ultima edizione nel 2024, hanno portato al sequestro di 22mila tonnellate di alimenti e 850mila litri di bevande alterate per un valore complessivo di 91 milioni di euro. Dietro questi numeri si nasconde la realtà di prodotti contaminati da sostanze pericolose come metanolo, mercurio e pesticidi vietati che finiscono sulle tavole di cittadini europei inconsapevoli.

Le piattaforme di e-commerce e i canali di vendita non ufficiali giocano un ruolo chiave nella diffusione di questi prodotti falsificati. La crescita del commercio online ha infatti spalancato le porte ai contraffattori, che approfittano della distanza fisica tra produttore e consumatore per immettere sul mercato beni contraffatti difficili da individuare.

Le etichette manipolate, le confezioni ingannevoli e le imitazioni quasi perfette rendono ardua anche per gli occhi più esperti la distinzione tra ciò che è autentico e ciò che è truffaldino. Le autorità europee hanno lanciato un appello ai cittadini affinché prestino maggiore attenzione alle etichette e all’origine dei prodotti che acquistano, suggerendo di affidarsi esclusivamente a rivenditori ufficiali e controllare la presenza dei marchi di qualità come DOP, IGP e STG.

Altrettanto importante è l’osservazione della confezione che spesso presenta difetti grafici o errori ortografici, segnali inequivocabili di contraffazione. A supporto di produttori e consumatori l’EUIPO ha pubblicato una guida che raccoglie oltre 40 tecnologie anticontraffazione, tra cui codici QR, ologrammi e sistemi tracciabili in blockchain, strumenti sempre più determinanti per proteggere la filiera agroalimentare.

La campagna “Cosa c’è in tavola?” lanciata dall’EUIPO è un chiaro invito alla responsabilità condivisa con un duplice obiettivo, da un lato informare il consumatore, dall’altro rafforzare la consapevolezza dell’impatto che la contraffazione ha non solo sulle tasche ma anche sul benessere collettivo.

Guardando al futuro l’azione coordinata tra istituzioni, aziende e cittadini sarà fondamentale per arginare un fenomeno che continua a evolvere partendo dal presupposto che il contrasto alla contraffazione richiede non solo strumenti tecnologici avanzati ma anche un cambio culturale. Serve una nuova sensibilità verso il valore del cibo autentico e locale, solo così sarà possibile proteggere il patrimonio agroalimentare europeo e garantire ai consumatori il diritto di sapere con certezza cosa arriva nei loro piatti e nei loro calici.

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