Negli ultimi anni l’approccio del viaggiatore rispetto all’esperienza turistica è profondamente cambiato. La volontà di ampliare l’orizzonte, di calarsi sempre più nei contesti per viverli in modo immersivo e toccare con mano identità e radici delle destinazioni scelte, ha rappresentato un‘opportunità per sviluppare nuove formule e itinerari, con i luoghi del vino che si sono visti proiettati in una dimensione inedita, mete di vacanze e visite da parte dei turisti italiani e stranieri.
L’exploit della preferenza per il “soggiorno tra le vigne”, categoria lanciata nel 2022 dal colosso dell’ospitalità Airbnb sotto il cappello “Vineyard” che ha registrato un + 400% lo scorso anno con un giro d’affari di 200 milioni di euro, rappresenta sicuramente una misura del potenziale dell’enoturismo a livello globale.
Nel 2023 solo in Italia sono stati 33mila gli annunci di questo segmento con oltre 880mila visitatori ospitati e valori medi di fatturato per host di 4.500 euro, con soggiorni della durata di circa 4 notti e il costo di un intero alloggio nei pressi di un vigneto di 170 euro a notte.
Considerata la proposta enogastronomica improntata all’eccellenza del nostro paese, le attrazioni naturalistiche, storiche e architettoniche in grado di calamitare i viaggiatori alto spendenti, sembrerebbe scontato intraprendere la via della valorizzazione del patrimonio immobiliare delle aziende agricole, con un turismo del vino che potrebbe senz’altro fare la differenza.
Eppure, diversamente da quanto si possa immaginare, l’enoturismo nel Belpaese vale ancora solo il 7% del giro d’affari delle cantine, gli investimenti in questa direzione sono pochi, manca un progetto, una visione di lungo periodo e di più ampio respiro che prenda il posto dell’improvvisazione e questo nonostante il business possa rappresentare una opportunità per incrementare gli introiti attraverso le visite a pagamento, le vendite dirette, e il consolidamento della riconoscibilità del brand.
Qualcosa si sta certamente muovendo, ne è una significativa conferma l’annuncio di Veronafiere in occasione dell’ultima edizione di Vinitaly di voler investire in questo settore di cui si intravede un grande potenziale.
Non da meno è e l’accordo tra Airbnb e Coldiretti, la principale organizzazione di imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo, per sostenere un turismo diffuso deviando i flussi turistici dai centri storici verso i distretti del vino promuovendo l’enoturismo. L’idea è di creare percorsi dedicati che mettano al centro gli host come ambasciatori del territorio, ed aprano alla promozione di angoli meno conosciuti del paesaggio vitivinicolo italiano, rafforzando un legame più stretto con la cultura locale di quanto possano fare i soggiorni in hotel o nei resort.
Al momento l’iniziativa partirà con tre distretti vitivinicoli che coprono l’intero stivale, dalle Colline del prosecco di Conegliano e Valdobbiadene in Veneto, ai Castelli Romani nel Lazio per arrivare al Parco del Pollino in Calabria, ciascuna realtà avrà il suo sito web di promozione e gli host delle regioni coinvolte potranno usufruire di webinar per la formazione sull’accoglienza.
Sono però richiesti investimenti significativi da parte del tessuto produttivo vitivinicolo che ha a disposizione ancora poche frecce nel suo arco, come evidenziano i dati dell’Osservatorio Wine Monitor di Nomisma. Diventa difficile con le dotazioni attuali sostenere lo sviluppo di un business che vede protagonisti soprattutto gli stranieri e gli italiani extra regione e che viene veicolato per l’80% attraverso la comunicazione dell’azienda (sito web, newsletter e contatti telefonici).
Anche se una grande fetta delle cantine offre accoglienza turistica tutto l’anno (chi non lo fa prevalentemente è perché non dispone degli spazi necessari) ci sono infatti ancora alcune realtà che comprimono l’attività solo in alcuni periodi.
Nonostante sia cresciuto il ventaglio di offerta sia in termini di ristorazione che di attività dedicate al benessere, relax e divertimento, con pranzi e cene in vigna, visite guidate, degustazioni tematiche ed esperienze didattiche, e sia cresciuta anche la disponibilità per la ricettività, i viaggiatori risultano essere sempre più esigenti e il 40% delle aziende ha manifestato la volontà di strutturare nuove proposte differenziando visite, degustazioni e tour e il 50% ha intenzione di segmentarle soprattutto per target dei visitatori.
Tra le attività la Vendemmia turistica resta considerata un’opportunità ancora non sfruttata, solo il 7% delle aziende si sarebbe mosso per attivarla date le difficoltà nella sua implementazione legata al rispetto di un protocollo considerato alquanto vincolante.
Nota dolente quella relativa al personale con il 76% delle cantine che hanno trovato difficoltà nel reperirlo nel 2023 e fino al primo trimestre del 2024. Per dare un’idea delle risorse impegnate basti pensare che su un numero medio di addetti complessivo pari a 14 ad essere dedicati all’attività enoturistica ce ne sono 2. Ci si aspetta un importante contributo da parte degli istituti alberghieri nel supporto alla formazione e al collocamento di giovani diplomati e la notizia della creazione di una scuola di formazione sull’enoturismo da parte dell’Associazione Città del vino è stata accolta con entusiasmo e considerata particolarmente utile dalle cantine.
Per tradurre l’idea dei vigneti come destinazione turistica in una solida realtà restano dunque molti i piani sui quali lavorare, da quello strategico, in cui risulterà fondamentale il contributo del mondo dell’associazionismo, delle strutture fieristiche e delle stesse istituzioni, a quello operativo con la necessità di intensificare investimenti sia nelle strutture stesse che nella formazione, tutto dipenderà dalla capacità di muoversi compatti in quella che sembra essere l’unica direzione percorribile.
Fonte: Horecanews.it