In un lembo della Sicilia occidentale, affacciato sul golfo di Castellammare, là dove le province di Trapani e Palermo si sfiorano, c’è un territorio che non si concede a uno sguardo distratto ma si rivela lentamente al viaggiatore, con le sue colline ondeggianti accarezzate dalla luce del sole, i vigneti ordinati che scolpiscono la terra in geometrie verdi e ipnotiche su suoli che mutano colore come una tavolozza viva, bruni d’argilla, rossi di sabbia, bianchi di pietra calcarea.
È il paesaggio di Alcamo, mosaico di storie antiche, dove castelli, bagli e tonnare raccontano secoli di umanità e lavoro, e dove la natura regna sovrana tra le riserve del Monte Bonifato e la bellezza selvaggia della riserva dello Zingaro.
In questo angolo generoso di Trinacria la vite ha trovato dimora di elezione, in particolare il Catarratto, varietà a bacca bianca tra le più antiche dell’isola, che ha affondato le sue radici con forza tra vallate, rilievi e brezze marine.
Il profilo pedoclimatico unico di queste terre, grazie alla luce intensa del sud, all’altitudine ideale (spesso sopra i 400 metri), le escursioni termiche marcate e i terreni ricchi di minerali e ben drenati, ha permesso a quest’uva di diffondersi rapidamente e non è dunque un caso che da oltre tre secoli sia tra le cultivar più allevate.
Una presenza costante dunque ma al tempo stesso silenziosa: per lungo tempo il Catarratto è stato il grande dimenticato dell’enologia siciliana, considerato vitigno da taglio, destinato alle distillerie e spesso snobbato in favore di varietà più blasonate, trattato come un attore secondario nel palcoscenico dei vini bianchi.
Eppure, dietro quella veste semplice, si celava un potenziale straordinario: versatile, profondo, capace di dare vini freschi e diretti, ma anche etichette complesse, longeve, di grande eleganza.
Due i biotipi principali – il bianco comune e il bianco lucido – ma infinite le possibilità espressive, che spaziano tra sentori floreali, agrumati, minerali, a seconda della interpretazione che se ne dà.
Un vitigno dalle mille sfaccettature che oggi, finalmente, prova a prendersi la scena che merita grazie all’impegno di un collettivo spontaneo di una trentina di giovani produttori, artigiani della vigna e del vino, che ad Alcamo e nel resto della Sicilia nord-occidentale hanno deciso di scrivere un nuovo capitolo, quello dei “Catarratto Boys”.
Photo Credits: Facebook – Catarratto Boys
Con coraggio e determinazione, hanno scelto la via della qualità, del rispetto per il frutto, per la terra, per l’identità. Niente tecnicismi invadenti, niente compromessi: solo una visione comune, quella di restituire dignità a un’uva troppo a lungo sminuita e svalutata. Il movimento, nato dal basso, è diventato simbolo di un’agricoltura consapevole, di una vinificazione attenta e libera. Il loro lavoro ha portato a vini che oggi destano grande interesse sul mercato, premiati da esperti e guide autorevoli, dimostrandone il valore.
Oggi, Alcamo non è più solo un luogo, ma un’idea, un progetto in fermento da tenere sotto osservazione, dove ogni produttore, pur con approcci diversi, contribuisce a valorizzare un terroir unico.
Con oltre 15.000 ettari vitati nella provincia di Trapani, il Catarratto rappresenta circa il 30% della superficie regionale e, per la prima volta nella sua lunga storia, sembra pronto a porsi con slancio e carattere sui mercati: nuove cantine, strutture moderne ma radicate nella tradizione, vendemmie sempre più qualitative, sperimentazioni che aprono orizzonti inesplorati e soprattutto una nuova generazione di vignaioli che, come un coro armonico, canta l’identità di un territorio che non vuole più restare in silenzio e che richiede a voce alta la giusta attenzione.