venerdì, Novembre 22, 2024
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Renieri: il gioiello di Montalcino di Bacci Wines raccontato in una verticale

Nel narrare le storie di imprenditori del mondo del vino che hanno fatto la differenza è incredibile constatare come ricorra spesso il tema dell’effetto trasformativo del loro incontro con il nettare di bacco, una vera e propria folgorazione che li porta a deviare da un percorso in essere e ad intraprendere nuovi cammini.

È il caso di Marco Bacci, toscano doc nato e cresciuto nel settore della moda prima e in quello immobiliare poi, che ad un certo punto della sua vita viene sedotto e conquistato dalla dimensione enoica. A far scoccare la scintilla l’acquisto nel 1984 di Castello di Bossi, una tenuta in Chianti Classico, con la scelta di far vino che sembrò all’inizio più un gioco, ma divenne dopo soli due anni una missione che avrebbe fatto lasciare alle spalle tutto il resto.

Da quel momento è stato un crescendo che ha portato all’acquisizione di altre quattro realtà in vari areali della Toscana (Tenuta di Renieri, Barbaione, Renieri, e Terre di Talamo), una in Sicilia in territorio etneo (Terre Darrigo), e una in Sardegna a Mamoiada (Blue Zone), un progetto che non sembra essere destinato ad arrestarsi così come i riconoscimenti da parte della critica che ogni anno arrivano a sottolineare la qualità del lavoro portato avanti con costanza e determinazione.

Oggi Bacci Wines è rappresentata sul mercato italiano e su quello internazionale non soltanto da Marco ma anche dal figlio Jacopo che ha voluto raccontarne la filosofia produttiva e la visione in occasione di un incontro a Napoli dove protagonisti sono stati i vini di Renieri con i suoi Brunello di Montalcino Riserva.

La storia di Renieri a Montalcino

Quella di Renieri è la storia di una rinascita che muove i suoi primi passi nel 1998, una sorta di anno zero in cui dopo l’acquisizione da parte del gruppo Bacci tutto viene ricostruito ex novo: impianti, vigneti e cantina.

Siamo in provincia di Siena e i circa 120 ettari, di cui 30 coltivati a vite, certificati biologici, si trovano nella parte meridionale del territorio di Montalcino con vigne posizionate ad un’altitudine compresa tra i 350 e 450 metri s.l.m. ed un’esposizione a quasi 360 gradi che va da est a nord-ovest.

La presenza del monte Amiata, la cui vetta sfiora i 1.741 metri, crea le condizioni per generare escursioni termiche, un fattore importante per una corretta maturazione delle uve, e definisce anche la natura dei suoli prevalentemente di origine vulcanica con calcare e roccia che si mescolano alle argille rosse e al tufo.

La varietà a cui si decide di dare maggior spazio in Renieri è il Sangiovese, ma sono presenti anche Syrah, che viene vinificato in purezza, Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot che vengono utilizzati per i vini IGT.

Nella visione di Renieri – spiega Jacopo Bacci – il lavoro in vigna è visto come un momento fondamentale rispetto al quale l’azienda profonde ogni sforzo necessario, senza risparmiare risorse, soprattutto per fronteggiare le emergenze e le criticità determinate dal cambiamento climatico che richiede sempre più interventi per suoli, apparato fogliare e tutto quanto possa garantire le migliori performance della vite. 

L’evoluzione delle uve, il livello di idratazione dei suoli, vengono monitorati costantemente per consentire di mettere in campo quelle azioni ritenute fondamentali per garantire la qualità del frutto la cui essenza viene poi preservata in cantina dove gli enologi coordinati da Stefano Marinari ne hanno enorme rispetto. La densità media per ettaro è di 6.000 ceppi con una produzione di 1 kg di uva per pianta, condizione che favorisce la perfetta maturazione del frutto e un minore stress per ogni singola vite.

Non avendo vigne vecchie sulle quali puntare – prosegue Jacopo – ogni anno si seleziona il vigneto che ha la migliore performance per definire quali uve destinare alla produzione del Brunello di Montalcino Riserva, guardando sia all’altitudine che all’esposizione dei filari. Nelle annate calde per esempio si prediligono le esposizioni più ad est rispetto a sud ovest e magari ad altitudini più basse perché hanno meno ore di luce. Le stesse masse in cantina, anche figlie dello stesso vigneto raccolte con un giorno di differenza o a poche ore di differenza possono dare vita a vini in diverse versioni. La selezione delle uve è manuale e se ci sono partite che non convincono per la loro qualità vengono cedute come sfuso.

Nella cantina interrata che si estende per 1000 mq si lavora con lieviti indigeni e la fermentazione avviene in acciaio a temperature controllate. L’uso sapiente dei legni mira a dar vita a vini caratterizzati da pulizia, eleganza e longevità.

La degustazione di Renieri Brunello di Montalcino Riserva

Per la degustazione, condotta da Jacopo Bacci insieme al critico ed enologo Raffaele Vecchione, sono state scelti i millesimi 2010, 2011, 2012, 2013 e 2019. Non sono tutte annate iconiche, proprio perché si è voluto dare una panoramica interessante di diverse espressioni della stagione più o meno nello stesso arco temporale in modo che la base di lavorazione fossero le stesse botti e per far comprendere come si può e si deve lavorare in vigna per garantire un certo stile e carattere dei propri vini.

Brunello di Montalcino DOCG 2010 Renieri
Si parte dalla 2010, annata equilibrata, stabile, con momenti di caldo asciutto e di frescura in cui a fare la differenza sono state le piogge alla fine di agosto, benefiche e quasi salvifiche, pochi millimetri che hanno dato nuovo turgore alla pianta, qualità al grappolo e alle uve che ne hanno evidentemente beneficiato, arrivando alla fase di maturità finale nelle migliori delle condizioni. Al naso questo Brunello premiato con 100/100 da James Suckling, va nella direzione del tratto maturo, ematico, che fa riconoscere il DNA del sangiovese allevato a Montalcino con una nota floreale abbastanza presente, leggermente appassita ma che non vira verso i terziari, un plus in un vino che ha 14 anni e che anticipa un grande potenziale di invecchiamento. In bocca l’ingresso è contraddistinto da piacevolezza e armonia, cremosità suadente, tratto centrale ancora vivo, tannini maturi ma figli dell’annata, preservate succosità e croccantezza che la distinguono da altre espressioni di suoli vicini. Si parla di una tra le prime annate in cui le vigne piantate tra i 1998 e il 2000 sono riuscite ad esprime un certo tipo di prodotto avendo acquisito la maturità necessaria.

Brunello di Montalcino DOCG 2011 Renieri
La 2011 è stata un’annata interessante con un inverno piovoso e freddo, una primavera tardiva nella prima parte, calda e siccitosa nella seconda, ma con escursioni termiche molto importanti prima della vendemmia che hanno preservato l’acidità totale e i tannini. Molti viticoltori a causa dell’esplosione della bolla di caldo hanno temuto l’appassimento delle uve e hanno raccolto anticipatamente, cosa che in Renieri non si è scelto di fare pur prendendosi un rischio perchè se l’uva non prende la sensazione autunnale, non gode delle prime notti fresche perde la completezza dalla sua evoluzione. Si è andati in questa direzione anche in virtù delle scelte agronomiche, della disponibilità di un sistema di allevamento, il guyot, che consente di gestire l’apparato fogliare in modo da poter fronteggiare le emergenze determinate da un eccesso di esposizione e calore, e dei ripetuti interventi sui terreni per evitarne una evapotraspirazione importante. La 2011 pur non essendo considerata tra le annate top dalla critica è un vino che si apprezza per pulizia, purezza e linearità del sorso in cui si gioca di complessità e che ad oggi è in perfetto equilibrio, la dimostrazione che lavorando anche in annate non considerate cinque stelle si può uscire con bellissimi vini a volte sottovalutati. Il centro palato è più disteso, con una salivazione più accentuata, frutto di un equilibrio dato da acidità, estratto secco, materia e alcol.

Brunello di Montalcino DOCG 2012 Renieri
La 2012 è stata un’annata caratterizzata da un inverno particolarmente rigido, anche con neve, ma rispetto alla 2011 ha iniziato il suo periodo di calura, siccitoso, un po’ prima, seguito fortunatamente, negli ultimi 15 giorni di agosto, dall’arrivo di piogge strategiche di pochi millimetri e dalla frescura. Caratterizzata da un minor carico di uva e quindi da una maggiore concentrazione perché la primavera anomala per le temperature aveva portato alla perdita di un bel po’ di fiori, ha richiesto ancora di più rispetto alla 2011 una lavorazione chirurgica da metà estate in poi sull’apparato fogliare e sui terreni. Restituisce un vino accattivante, dal naso pulito, brillante e leggibile, con una presenza di una prugna più marcata, frutti rossi a bacca piccola che fanno da apripista alle altre note ma che sono ben integrati con il fiore, al sorso dall’ingresso voluminoso con una cremosità che ritorna, un centro palato nuovamente levigato. Se nella 2010 e 2011 avevamo note di speziatura nella 2012 il calice da più spazio al frutto, alla sua ricchezza e succosità.

Brunello di Montalcino DOCG 2013 Renieri
La 2013 è stata una annata molto lineare, con le sue piogge a primavera, un’estata calda ma senza la bolla dei giorni particolarmente afosi e da metà settembre in poi con delle temperature notturne anche intorno ai 10 – 12 gradi, caratteristica importante per avere la maturazione perfetta del vino che ha mantenuto un equilibrio molto teso, senza picchi in salita né in discesa e che manifesta il suo potenziale evolutivo ancora oggi. Al naso è espressione di vigna più matura con note di canfora e fiori d’arancio, al gusto si mostra più giovane, materico, dal sorso fresco e colpisce per una maggiore distensione sul centro palato.

Brunello di Montalcino DOCG 2019 Renieri
La 2019 è stata una bellissima annata con una vendemmia perfetta senza preoccupazioni da brina o marciumi e con una resa giusta in pianta. Offre un vino piacevole anche se così giovane ma al tempo stesso complesso, ancora un po’ chiuso, timido, sottile e opaco.  Al naso frutti, fiori e già un po’ di speziatura, al sorso uno dei più snelli di sempre, arriva fortemente la presenza di una pianta più vecchia e quindi una maturità che ha sicuramente una marcia in più, abbiamo la possibilità di comprendere che le radici sono andate infondo, che le piante sono sane, che sono lavorate da una mente che comprende dove vuole arrivare e ha un progetto ben chiaro e che si può attendere ancora tanto per coglierne nuove espressioni.

L’idea di Jacopo Bacci è stata quella di presentare con questo percorso un excursus su vecchie annate della riserva di un’azienda nata da poco più di 25 anni che se da un lato ha vissuto un esordio in salita non potendosi fare miracoli con piante molto giovani, dall’altro ha avuto l’opportunità per approcciarsi ad una denominazione secolare con una visione da consumatori più che da produttori storici. Si legge un’idea di prodotto finale che, nel rispetto dell’andamento stagionale e dell’annata, ha portato alla selezione dei terreni e della relativa preparazione così come dei legni, un imprinting orientato alla pulizia, purezza e linearità che trova perfetta e piena corrispondenza nel calice.

Fonte: Horecanews.it

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