Che le cantine italiane abbiano in pancia abbondanti scorte di vino non è una novità, si tratta di una condizione che caratterizza ormai da anni il sistema enoico nostrano, complice una crisi a livello internazionale e sul mercato interno dei consumi che rende difficile assorbirle.
C’è però un fenomeno ricorrente, influenzato dalle crescenti tensioni geopolitiche, che ha un effetto diretto e immediato su queste immobilizzazioni e che funge da ossigeno per tamponare l’emergenza: si chiama “front loading” e consiste nell’anticipo delle importazioni per eludere il paventato aumento dei dazi da parte dei paesi importatori.
Basta voltare lo sguardo esattamente a un anno fa, quando a marzo del 2024 le rielaborazioni dei dati da parte dell’Osservatorio del vino di Unione Italiana Vini valutavano l’andamento positivo dell’export nel primo trimestre dell’anno interpretandolo non tanto quanto una inversione di tendenza, considerati i cali in doppia cifra di Germania, Regno Unito, Svizzera e Francia, ma come effetto degli inaspettati ordini della Federazione Russa arrivati a toccare un incremento del +142,6%.
Gli operatori sovietici si erano affrettati a riempire i propri depositi di vino italiano in vista dell’aumento delle accise sugli alcolici, vodka esclusa, entrate poi in vigore dallo scorso maggio. Se non ci fosse stato questo fuori programma la crescita delle esportazioni nostrane sarebbe stata piatta e le cantine del Belpaese in maggiore sofferenza.
La stessa situazione sembra ripetersi negli ultimi mesi ma questa volta a scatenare il front loading sarebbero gli Stati Uniti con la annunciata impennata delle tariffe doganali che potrebbero toccare il 200% mettendo a rischio un mercato chiave per il Made in Italy.
Lo confermerebbero i dati, con l’import dei porti americani che sarebbe aumentato già a partire da novembre dello scorso anno, registrando poi un incremento del 13% a gennaio 2025, del 6,1% a febbraio e che presumibilmente a marzo potrebbe raggiungere il 10-11%, con le tariffe del trasporto dei container destinate a lievitare.
In particolare le vendite di Prosecco a gennaio avrebbero registrato un aumento dell’8% rispetto a gennaio 2024 con gli operatori Usa che avrebbero iniziato a far maggiori scorte di prodotto determinando un’impennata delle movimentazioni dall’Italia agli Usa.
Le scorte nella Cantina Italia di conseguenza scenderebbero, pur restando alte e con ben più di una vendemmia media da piazzare sul mercato: 55,4 i milioni di ettolitri in giacenza registrati al 28 febbraio 2025 dall’ultimo report “Cantina Italia” dell’Icqrf, segnando un -1,3% sul 29 febbraio 2024, a cui andrebbero aggiunti 304.612 ettolitri di vino nuovo ancora in fermentazione (+71,4% sull’anno scorso), e 4,5 milioni di ettolitri di mosti (-7,1% sull’anno scorso).
Se quindi il primo trimestre del 2025 ha potuto contare su questo salvagente, per i mesi successivi bisognerà fare i conti con una situazione totalmente diversa e il vero problema si manifesterà presumibilmente nel 2026, quando il settore potrebbe trovarsi a dover far fronte ad una crisi per certi versi annunciata.
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