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Vini dealcolati, Uiv incalza Mef e Masaf: “Decreto fiscale in stallo da oltre due mesi”

Il decreto sui dealcolati è fermo da due mesi alla Ragioneria. Uiv scrive ai ministeri: le aziende hanno investito, serve parità con l'UE

Unione italiana vini ha scritto ai ministeri competenti – Agricoltura ed Economia – per chiedere una rapida conclusione dell’iter che riguarda il decreto interministeriale Mef-Masaf sui vini dealcolati. Il provvedimento, che deve rendere operativa la disciplina fiscale per i prodotti dealcolati, è bloccato da oltre due mesi alla Ragioneria di Stato.

Come riporta l’organizzazione di categoria, le società vitivinicole del nostro Paese hanno già compiuto scelte imprenditoriali significative. Parliamo di investimenti infrastrutturali rilevanti, con l’acquisto e l’installazione di impianti dedicati alla dealcolazione, oltre a spese in formazione del personale e strategie di posizionamento commerciale.

Paolo Castelletti, segretario generale dell’Unione italiana vini, ha espresso una posizione netta: “Da tempo chiediamo al Governo di poter operare in condizioni di parità competitiva rispetto agli altri produttori europei, i quali beneficiano ormai da quattro anni del vantaggio introdotto dal Regolamento (UE) pubblicato nel dicembre 2021. Le nostre imprese sono pronte da tempo, molte di esse hanno già effettuato investimenti ma di fatto oggi dealcolare in Italia è ancora vietato, per questo chiediamo di dare seguito urgente all’approvazione del decreto-legge fiscale” (Decreto-legge 17 giugno 2025, n. 84, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale”).

Il comparto Nolo cresce mentre il vino tradizionale arranca

I dati dell’Osservatorio Uiv confermano un trend chiaro: il settore Nolo (no e low alcohol) è tra i pochi a mostrare dinamiche positive in una fase di forte difficoltà per il comparto vinicolo mondiale. Il mercato globale di questa categoria – che comprende anche i prodotti dealcolati – vale attualmente 2,4 miliardi di dollari e, secondo le proiezioni, toccherà quota 3,3 miliardi di dollari entro il 2028.

Le stime parlano di una nicchia con un tasso di crescita annuale composto (Cagr 2028/24) pari all’8% a valore e al 7% a volume. Nell’anno in corso, in particolare, sono gli alcohol-free a registrare le performance più brillanti.

Le elaborazioni Uiv basate su dati NielsenIQ fotografano una situazione di crescita esponenziale per i vini a zero gradi nel circuito retail di tre mercati chiave: USA, UK e Germania. Pur mantenendo ancora quote minoritarie, questi prodotti stanno vivendo un momento di forte espansione.

Nei primi nove mesi dell’anno, sulla piazza tedesca i volumi hanno fatto segnare un balzo del +46%, con una share del 5% sul totale No-Lo. Il mercato britannico registra un incremento del +20%, con una quota che raggiunge il 23% sul totale della categoria. Negli Stati Uniti l’aumento è del +18%, con il 17% di share sul totale dei prodotti a basso grado.

Per quanto riguarda i prodotti italiani alcohol-free (realizzati necessariamente all’estero), le performance sono positive in UK – dove si rileva un +6% a volume e +10% a valore – e negli USA, con un +17% in termini di volume e +24% sul fronte del fatturato. Diversa la situazione in Germania, dove si registra un -23%, in controtendenza rispetto all’andamento generale del mercato.

Sul piano delle quote, l’Italia pesa per il 6% del totale delle vendite di vini a zero gradi negli Stati Uniti. La percentuale sale all’11% in Germania e raggiunge il 24% nel Regno Unito.

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