La Francia del vino ha l’ennesimo colpo da assestare: una vendemmia da dimenticare che getta ulteriori ombre su un comparto fiaccato da una crisi strutturale rispetto alla quale anche interventi programmati e attuati sembrano essere destinati a non sortire grandi effetti, almeno nel breve periodo.
Secondo i dati di Agreste, il Dipartimento di statistica agricola del governo francese, si stima che la produzione diminuirà del 18% su base annua e dell’11% rispetto alla media quinquennale.
Ciò renderebbe il 2024 uno degli anni con la produzione più bassa dalla seconda guerra mondiale con uno dei raccolti più leggeri in un secolo (l’ultima volta che la produzione è stata così ridotta risalirebbe a 67 anni fa, al 1957).
A causare il considerevole ridimensionamento sono state le condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli, che hanno ridotto il potenziale produttivo in quasi tutte le aree vitivinicole.
I cali più significativi riguardano i vigneti di Giura, Charente, Valle della Loira e Beaujolais-Borgogna con gli effetti del cambiamento climatico che hanno iniziato a farsi sentire in modo più incisivo nelle regioni vitivinicole tradizionali.
Eccesso di umidità, cali vertiginosi e repentini delle temperature, episodi di gelo e grandine anche durante la fioritura hanno favorito fenomeni come la colatura, che provoca la caduta dei fiori e dei giovani acini, o l’acinellatura, che provoca una variazione nella dimensione di questi ultimi. A ciò si è aggiunta la peronospora che ha colpito la maggior parte delle zone vitivinicole, provocando talvolta perdite significative.
Che il primato quantitativo delle produzioni non sia un trofeo più tanto ambito, in un contesto globale di contrazione della domanda, è ormai assodato, ma le controtendenze che si sviluppano su troppi piani generano corti circuiti e scossoni che vanno in qualche modo riassorbiti, soprattutto se si tratta di gestire variabili, come quella climatica, praticamente fuori controllo.
Non bisogna dimenticare infatti che la Francia enoica vive una fase di profondi cambiamenti e i numeri dell’attuale vendemmia appaiono inevitabilmente come vento che soffia sul fuoco dell’incertezza: inflazione e calo interno dei consumi restano segnali allarmanti, così come la necessità di ricorrere a distillazione e misure di emergenza come gli espianti per gestire il malumore e le tensioni del comparto.
Anche sul fronte dell’export, per quanto la Francia continui a mantenere una posizione di prestigio grazie al suo storico posizionamento, le flessioni di mercati come quello cinese e statunitense creano pressioni e suggeriscono la necessità di ridefinire le linee strategiche, individuando nuovi mercati su cui puntare.
E se di fronte ai prezzi bassi del vino sfuso, soprattutto rosso, c’è chi vede nella contrazione del raccolto una opportunità per risollevare i prezzi e sostenere il flusso di cassa, l’effetto in termini tensivi su un comprato che vive e prova a gestire la sua crisi non può considerarsi in prospettiva positivo.