mercoledì, Febbraio 19, 2025
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Mercato del vino mondiale 2024: il vino italiano si distingue

Dopo un 2023 caratterizzato da un significativo calo dei consumi di vino a livello mondiale, conseguenza della fine dell’euforia post-pandemia, anche il 2024 ha confermato il trend negativo, in particolare per quanto riguarda gli scambi internazionali. Tra i 12 principali mercati di importazione, che rappresentano oltre il 60% delle importazioni mondiali di vino, si sono registrate variazioni positive solo per Stati Uniti, Canada, Cina e Brasile.

In questo contesto, gli acquisti di vino dall’Italia mostrano una performance superiore alla media, grazie soprattutto agli spumanti, che nei 12 mercati di riferimento registrano un aumento dell’+4,8% a valore, rispetto a una media aggregata del -5,1%. In particolare, gli Stati Uniti segnano un incremento del +11%, l’Australia del +10% e il Canada del +9%. Questi sono alcuni dei principali dati emersi durante l’XI Forum Wine Monitor, che si è svolto in diretta streaming dalla Sala Incontri di Nomisma. L’evento ha visto alternarsi approfondimenti sul mercato del vino da parte degli esperti del Team Wine Monitor e di NielsenIQ, rappresentati da Eleonora Formisano, Sales Director SMB & Global Snapshot Italy, e contributi significativi da parte di esponenti di spicco del mondo imprenditoriale, tra cui Igor Boccardo, Amministratore Delegato di Tenute Leone Alato – Genagricola, Carlo De Biasi, Direttore Generale di Agricola San Felice (Gruppo Allianz), e Massimo Romani, Amministratore Delegato di Argea.

“Purtroppo i principali mercati di import hanno chiuso il 2024 in ulteriore calo e quelli che sono andati in controtendenza sottendono consumi di vino ancora in sofferenza come nel caso degli Stati Uniti o della Cina, dove il rimbalzo del 38% nelle importazioni è interamente ascrivibile al ritorno dei vini australiani dopo che erano stati messi al bando dal governo cinese nel 2021 con un superdazio del 218%” – evidenzia Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma.

Un ritorno che ha permesso all’export di vino australiano di chiudere il 2024 in crescita del 30% rispetto all’anno precedente, quando invece aveva subito un crollo del 10%. E chi invece non è riuscito a recuperare dal calo del 2023 è stato il vino francese che, nel complesso, ha perso un altro 2,4% nel valore dei vini esportati (dopo il -2,7% dell’anno precedente).

“Se nel 2023 l’export di vino francese è calato a causa della riduzione nelle vendite oltre frontiera di vini rossi, nel 2024 è stato lo Champagne a trascinare al ribasso le esportazioni transalpine, con il 10% in meno di bottiglie spedite nel mondo” ha aggiunto Pantini.

Sul mercato nazionale, la fiammata inflazionistica degli ultimi anni ha lasciato un consumatore italiano con minori capacità di spesa e aspettative future ancora improntate alla prudenza. È quanto si deduce dalle quantità di vino vendute nella Distribuzione Moderna che, per il 2024, evidenziano una riduzione di quasi il -2% nel canale Iper e Super, con punte più elevate nel caso dei vini rossi (-4,6%) e frizzanti (-7,4%). I volumi venduti hanno invece tenuto nel discount, mettendo a segno anche una crescita a valori dell’1,2%, in particolare grazie agli spumanti.

In questo scenario così complesso e incerto, minato da rigurgiti di protezionismo e minacce di dazi aggiuntivi, la ricerca di nuovi mercati di sbocco diventa sempre più prioritaria per le imprese del vino italiano. In questi ultimi tre anni, l’export vinicolo dall’Italia è cresciuto nelle aree dell’Est Europa e dell’America Latina: Polonia (+26% rispetto al 2022), Repubblica Ceca (+47%), Romania (+22%), Messico (+3%) ed Ecuador (+56%) sono alcuni dei mercati dove i vini del Bel Paese sono sempre più apprezzati. Senza dimenticare il Brasile, un grande mercato di oltre 200 milioni di abitanti e facente parte dell’accordo di libero scambio tra Ue e Mercosur, dove “i vini rossi, in particolare toscani e piemontesi, sono quelli più apprezzati dal consumatore brasiliano, in particolare della Regione Sud-Est, con titolo di studio e reddito medio-alto, appartenenti alla generazione dei Millennials” come si è potuto evincere dall’approfondimento di Fabio Benassi, Project Manager di Nomisma Wine Monitor.

Tasto delicato emerso dalla presentazione è rappresentato dai consumatori e, in particolare, della loro evoluzione alla luce del fatto che in Italia nei principali mercati – come, ad esempio, gli Stati Uniti – la maggior parte dei consumi di vino è ancora sostenuto dagli over 60. “In Italia i giovani appartenenti alla Gen Z consumano vino solo in occasioni speciali, hanno una scarsa conoscenza del prodotto e quando lo scelgono prestano attenzione primariamente alla gradazione alcolica e alla sostenibilità. E lo stesso accade anche negli Stati Uniti e questo spiega perché i No Alcol wines, negli USA, sono già una realtà diffusa nel consumo delle giovani generazioni” – ha dichiarato Ilaria Cisbani, Market Analyst di Nomisma Wine Monitor.

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