La sfida per la sostenibilità ambientale ha portato negli ultimi decenni ad una progressiva diffusione delle infrastrutture e delle fonti di energia rinnovabile come quella eolica e solare che, essendo generate per definizione in modo intermittente, hanno richiesto lo sviluppo di soluzioni e di alternative per il loro immagazzinamento.
Conseguenza di questo scenario è stata da un lato una sempre maggiore necessità di impiego di batterie, dall’altro l’impennata del numero di studi per migliorarne prestazioni ed affidabilità. Tra questi ultimi in particolare quello condotto dall’University of New South Wales (UNSW) di Sidney ha portato ad una interessante scoperta.
La ricerca portata avanti dal team del professor Neeraj Sharma avrebbe infatti evidenziato che alcuni acidi alimentari presenti nel vino (in particolare quello malico) potrebbero essere utilizzati per la produzione di batterie rendendole più efficienti, convenienti e sostenibili divenendo una soluzione che aiuterebbe nella transizione verso un futuro senza combustibili fossili.
Attualmente a dominare il mercato sono infatti le batterie agli ioni di litio, utilizzate in tutto, dagli smartphone ai veicoli elettrici, e presenterebbero una serie di criticità in termini di compatibilità con l’ambiente: il loro anodo (quello che viene tradizionalmente definito come lato negativo della batteria) sarebbe infatti tradizionalmente composto in grafite, materiale altamente inquinante per tutte le attività che gravitano attorno alla sua produzione, dall’estrazione mineraria, alla purificazione, richiedendo anche l’impiego di particolari acidi con un impatto notevole sull’ecosistema.
Analizzando questi materiali e ricercando delle opportune alternative i ricercatori australiani hanno individuato negli acidi alimentari (quello tartarico presente naturalmente in molti frutti e quello malico presente in estratti di vino) una valida alternativa per creare gli elettrodi.
Per dimostrare quanto scoperto hanno creato un prototipo di cella simile per dimensioni a quelli dei telefoni cellulari ed è emerso che quello sviluppato con i composti derivati dagli acidi alimentari sarebbe in grado di immagazzinare più energia di quelle tradizionali a base di grafite consentendo ai dispositivi di essere ricaricati meno frequentemente.
Il team oggi è impegnato nello step successivo, l’espansione del processo di produzione passando da piccole batterie a forma di moneta a dispositivi di più grandi dimensioni e più performanti, testando la resistenza dei prototipi a temperature variabili e all’uso prolungato e ripetuto.
L’esplorazione della chimica delle batterie, della loro composizione, consentirebbe di migliorarne le proprietà fisiche e potenziare la capacità di accumulo di energia, la conduttività ionica (consentendo velocità più elevate di carico e scarico di energia) e la stabilità strutturale estendendo la durata. I ricercatori stanno valutando l’impiego degli acidi contenuti nel vino anche per l’applicazione nella realizzazione di batterie agli ioni di sodio, altra valida alternativa in ottica di sostenibilità.