Signorvino, la più estesa catena italiana di enoteche con cucina, ha promosso uno studio scientifico interdisciplinare sul ruolo del consumo vario-moderato di vino nel mantenimento della salute e della qualità della vita. La ricerca, curata dal professor Giovanni Scapagnini, Professore Ordinario di Nutrizione Clinica all’Università degli Studi del Molise, indaga il rapporto tra consumo regolare e consapevole di vino e alcuni indicatori dell’healthspan, quali benessere psicologico, funzione cognitiva e salute cardiometabolica, con l’obiettivo di superare visioni parziali e riportare al centro del dibattito una prospettiva equilibrata sul vino nel modello alimentare mediterraneo.
Il progetto nasce dalla necessità di contestualizzare il consumo enologico in una prospettiva bio-evolutiva e culturale, contrastando un approccio comunicativo recente improntato alla “demonizzazione del vino” che ha generato incertezza tra consumatori e operatori del settore. Con questa iniziativa, Signorvino intende promuovere un dialogo più bilanciato e scientifico, in linea con il concept “Il gusto di sentirsi bene”, presentato durante Vinitaly 2025.
“Il recente riconoscimento della Cucina Italiana come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità da parte dell’UNESCO evidenzia come cucinare e mangiare secondo le nostre tradizioni sia un’attività comunitaria che promuove inclusione sociale, benessere, trasmissione di saperi e convivialità. In questo contesto, il vino non è mai stato solo una bevanda, ma lo storico compagno della Dieta Mediterranea. Consumato in modo moderato e durante i pasti, il vino è parte integrante di quel rituale della tavola italiana che l’UNESCO ha appena consacrato come universale motore di benessere”, ha dichiarato Federico Veronesi, Amministratore Delegato di Signorvino.

Le radici evolutive del vino
La storia del vino affonda le radici in epoche remote, quando i nostri antenati si nutrivano di frutti naturalmente fermentati. Circa 10 milioni di anni fa nei primati si verificò una mutazione genetica nel gene ADH4 che rese l’enzima responsabile del metabolismo dell’alcol fino a 40 volte più efficiente, facilitando il passaggio evolutivo dalla frutta fermentata alla fermentazione intenzionale del mosto d’uva. Questa capacità biologica si è trasformata nel corso dei millenni in arte, rito e linguaggio culturale, contribuendo a modellare le culture mediterranee, i geni e la salute delle popolazioni.
Nel bacino del Mediterraneo il vino ha rappresentato principalmente un linguaggio di convivialità: consumato in quantità moderate durante i pasti, ha favorito la creazione di legami sociali e l’appartenenza al rito della tavola. L’UNESCO, nella descrizione della Dieta Mediterranea, riconosce il mangiare in compagnia come elemento fondamentale di benessere. Il celebre Seven Countries Study di Ancel Keys evidenziava come il vino moderato ai pasti fosse parte integrante di un modello alimentare associato a minori tassi di coronaropatia e mortalità.
Le evidenze scientifiche contemporanee
Nei primi anni 2000, numerose coorti hanno confermato l’associazione tra pattern mediterranei, longevità e consumo moderato di vino rosso. Il modello MIND, sviluppato nel 2015 per contrastare il declino cognitivo, includeva circa un bicchiere di vino al giorno poiché nelle coorti di riferimento tale livello di consumo risultava associato a minor rischio di Alzheimer e declino cognitivo.
Un’analisi condotta nell’ambito del trial PREDIMED ha dimostrato che un consumo moderato di vino (2-7 bicchieri a settimana) si associava a minore incidenza di depressione rispetto all’astensione, mentre consumi elevati invertivano questa tendenza aumentando il rischio. Una revisione pubblicata su Circulation nel 2017 ha concluso che l’assunzione bassa-moderata di alcol è coerente con un minor rischio di coronaropatia.
Gli effetti benefici derivano sia dall’alcol sia dai componenti non alcolici. L’etanolo a dosi contenute sembra esercitare effetti protettivi sul sistema cardiovascolare, incrementando il colesterolo HDL e riducendo l’aggregazione piastrinica. Il vino rosso è particolarmente ricco di polifenoli (resveratrolo, quercetina, procianidine, antocianine) che presentano proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.
Una revisione sistematica pubblicata su Cureus nel 2023 ha esaminato il consumo moderato di vino (circa 1 bicchiere al giorno nelle donne, 2 negli uomini), rilevando sistematiche riduzioni del rischio di mortalità generale, minore frequenza di demenza e declino cognitivo, livelli più elevati di HDL e profili cardiometabolici favorevoli.
La questione oncologica e il contesto alimentare
Sul fronte oncologico, tutte le bevande alcoliche aumentano il rischio di vari tumori in modo dose-dipendente (colon-retto, mammella, esofago, fegato). Per il tumore del colon-retto si stima un incremento di rischio del 7% per ogni 10 g/die di alcol. Tuttavia, è fondamentale contestualizzare questi dati: altri fattori dietetici mostrano incrementi comparabili o superiori. Gli insaccati registrano aumenti del 16% per 50 g/die, la carne rossa del 12% per 100 g/die, mentre diete ad alto carico glicemico aumentano il rischio del 20-30%.
La dimensione benefica del vino coincide con il suo contesto mediterraneo: piccole quantità, consumate con i pasti, in compagnia, all’interno di una dieta ricca di vegetali, legumi, cereali integrali e olio d’oliva. Il calice si configura come un “condimento sociale” che rallenta il ritmo del pasto, favorisce la conversazione e trasforma l’alimentazione in momento di convivialità.

