lunedì, Marzo 31, 2025
HomeCantine VinicoleCantine dell’Angelo e il Greco di Tufo figlio delle Miniere

Cantine dell’Angelo e il Greco di Tufo figlio delle Miniere

Tra le colline dell’Irpinia, nel cuore della Valle del fiume Sabato, ai piedi del Monte Gloria, il territorio di Tufo è un areale di matrice vulcanica dalle antiche tradizioni contadine che conserva tracce della sua storia mineraria, testimoniata dal paesaggio stesso.

Qui, dove in un ambiente particolarmente favorevole dal punto di vista pedoclimatico le vigne si abbarbicano sulle colline tra i 300 e i 650 metri s.l.m. alternandosi con uliveti, boschi e radure, nella seconda metà dell’800 la scoperta dello zolfo ha definito il destino di un’intera comunità, trasformandola nel nucleo di quello che per l’epoca si configurava come un vero e proprio distretto industriale.

Una dimensione che nel tempo ha visto ridimensionare progressivamente la sua spinta, a causa dell’introduzione di nuovi metodi di estrazione e dell’esaurirsi dei giacimenti, e che ha portato, dopo più o meno un secolo, ad una nuova transizione verso l’economia agricola, restituendo alla viticoltura l’antica centralità.

Così è tornato alla ribalta il vitigno principe, il Greco di Tufo, l’antica Aminea Gemella, autoctono che trova la sua massima espressione in queste terre sulfuree dai suoli argilloso calcarei ricchi di minerali e dalle grandi escursioni termiche che favoriscono le acidità.

Divenuto simbolo della capacità di rinnovamento, il suo successo ha restituito slancio alle attività vitivinicole portando al riconoscimento prima della DOC negli anni 70 per arrivare poi alla DOCG nel 2003, oltre alla nascita di numerose cantine che oggi rappresentano un’importante risorsa anche per il circuito turistico ed enogastronomico.

È nell’alveo di questo racconto e di questo territorio che si inseriscono le vicende della famiglia Muto e di Cantine dell’Angelo.

La famiglia Muto: tre generazioni di viticoltori

L’agricoltura e la coltivazione della vite hanno sempre avuto un peso importante nell’economia di Tufo anche quando l’attività mineraria divenne centrale, come racconta Angelo Muto, alla guida di Cantine dell’Angelo, storica realtà locale.

Lo abbiamo incontrato per scoprire il suo percorso e ci ha condotto in una visita a tutto tondo, per esplorare e toccare con mano non solo le sue terre, ma l’evoluzione di un intero borgo che ha lasciato il segno nella storia dell’Irpinia.

Solare e appassionato, terza generazione di viticoltori, affiancato dalla moglie Franca Troise nella conduzione della sua attività, è cresciuto seguendo gli insegnamenti del nonno Angelo che fu sì minatore, ma per garantire sicurezza e stabilità alla famiglia non smise mai di essere contadino, trasmettendo a figli e nipoti l’importanza del legame con la terra.

Da lui ha appreso antiche pratiche agricole delle quali fa ancora oggi tesoro, lasciando che ispirino il suo approccio alla viticoltura improntato alla tutela della biodiversità e al rispetto della natura. Una natura che, in particolare a Tufo, ha tutte le carte in regola per sostenere lo sviluppo della vite: la presenza di zolfo e la matrice vulcanica dei suoli oltre alle condizioni climatiche, dalle escursioni termiche alla presenza di una corretta ventilazione, rappresentano infatti un baluardo a difesa della salute delle vigne, consentendo di ridurre al minimo gli interventi che, per Angelo, escludono rigorosamente il diserbo.

La raccolta è manuale, anche perché le caratteristiche morfologiche non lasciano ampio spazio alla meccanizzazione. La costante osservazione dell’andamento della maturazione e una attenta selezione dei grappoli al momento della vendemmia accompagnano le uve fino alla vinificazione che avviene esclusivamente in vasche d’acciaio. 

I filari di Cantine dell’Angelo sono distribuiti in varie frazioni, condizione che accomuna la viticoltura del territorio caratterizzata da sempre da una estrema parcellizzazione.

Le vigne di Greco si estendono per cinque ettari in contrada Campanaro, immediatamente a ridosso della antica zona estrattiva, e per un ettaro a Torre Favale dove protagonista è l’antica torre di areazione delle miniere, con i cunicoli utilizzati per raggiungerle. In località San Marco invece Angelo nel 2013 ha deciso di ripristinare la Coda di Volpe, non solo per dare nuova linfa all’antica vigna del nonno, ma anche per tenere viva una tradizione che negli Anni 90 ha rischiato l’estinzione spingendo i conferitori all’espianto di questa verietà, dal momento che tendenze di mercato vedevano il Greco preferito nella vinificazione in purezza e le richieste dei produttori era esclusivamente all’acquisto delle sue uve.

I vini: tre etichette che parlano di tradizione, identità e autenticità

L’unica scelta che segna la discontinuità della conduzione di Angelo rispetto a quella dei predecessori arriva nel 2006, quando decide di vinificare in proprio. In prima battuta Angelo si avvale del supporto di terzi ma dal 2008 gestisce tutto in autonomia con una produzione che oggi raggiunge le 25mila bottiglie. 

In una prima fase la concentrazione è sulla produzione di Greco di Tufo, lavorando su un vitigno spigoloso, difficile da allevare e trasformare, dal grappolo compatto, dalla trama tannica importante e dalla buccia sottile ricca di catechine, che scarica colore.

Queste caratteristiche, che combinandosi valgono il titolo di “rosso travestito da bianco”, unitamente ad una acidità spinta, convincono Angelo sull’opportunità di non sottovalutare il grande potenziale di questo vino anche in termini di longevità.

Dal 2009 decide di sostenere la sua intuizione anche nei fatti, certo che per esprimersi al meglio, nella sua complessità e nella sua essenza, il Greco di Tufo abbia bisogno del giusto tempo, motivo per il quale decide immettere i suoi vini sul mercato solo un anno dopo la vendemmia.

Questo vale per le sue due etichette corrispondenti a due aree di produzione distinte, caratterizzate da una beva sostenuta da sapidità, mineralità e freschezza.

Il Greco di Tufo Miniere nasce dalle vigne che insistono direttamente su quelle che erano le aree di estrazione. Ci siamo stati tra i filari, basta affondare il palmo perché affiorino, tra argilla e calcare, cristalli gialli, piccoli pezzetti di zolfo e gesso. Da suoli di questa matrice non può che nascere un greco vibrante e intenso, fortemente identitario, caratterizzato da un colore giallo dorato e un sorso fresco e solfureo.

Il Greco di Tufo Torre Favale, nasce invece da un singolo vigneto posto a 500 metri di altitudine su di una collina che domina l’antica cava di zolfo, caratterizzato da un colore più brillante e da una bocca intensa.

L’ultima delle tre etichette, in ordine di genesi, è la Coda di Volpe del Nonno, a lui dedicata, figlia di una scelta produttiva successiva, subentrata, come si diceva, nel 2013. Nasce dal vigneto di famiglia in località San Marco, un vero e proprio cru aziendale, un vino fresco e leggero, dai sentori erbacei e di macchia mediterranea, dal sorso fluido, un omaggio alle radici e alla tradizione cui Angelo è romanticamente devoto, rimanendone orgogliosamente custode.

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it

RELATED ARTICLES
Google search engine

ARTICOLI PIU' LETTI

COMMENTI PIU' RECENTI