Il vino rosato, oggi al centro dell’attenzione di un pubblico di appassionati quanto di esperti, simbolo di leggerezza ed eleganza, ha vissuto a lungo nell’ombra, ritenuto poco più di un divertissement, condizione che ha contribuito a contenere le curiosità e l’attenzione rispetto alle sue origini e al modo in cui è evoluto nel corso del tempo.
Ma la sua genesi in Italia, sorprendentemente, parte da lontano, da una Puglia ferita dalla guerra, dove un’intuizione geniale trasformò un momento drammatico in una rivoluzione enologica.
Era il 1943, giorni in cui il futuro sembrava appeso a un filo, il Belpaese lacerato dal conflitto, segnato dal caos, dall’armistizio, dall’insicurezza. In quel contesto turbolento prese forma un’idea destinata a lasciare il segno nella storia del vino italiano.
A Salice Salentino, nella contrada “Cinque Rose”, la famiglia Leone de Castris, radicata in quella terra da generazioni, viveva i giorni dell’incertezza con la forza di chi sa restare fedele alle proprie radici.
In un tempo in cui tutto sembrava da ricostruire fu un incontro a cambiare le carte in tavola. Il tenente colonnello Charles Poletti, incaricato degli approvvigionamenti per le truppe alleate, bussò alle porte della cantina con una richiesta curiosa e inedita: voleva un vino italiano, rosato, ma con un nome dal suono americano, adatto a un mercato internazionale.
Fu un attimo, un’illuminazione. L’avvocato Piero Leone de Castris non si tirò indietro, e in un momento in cui molti si sarebbero chiusi in difesa, lui vide un’opportunità dando vita a un vino che nessuno aveva ancora pensato di imbottigliare così.
Un rosato ottenuto da Negroamaro e Malvasia Nera, vitigni profondamente salentini, autentici, carichi di memoria e sole, che scelse di chiamare Five Roses, omaggio alla contrada dove era nato e a una curiosa costante familiare: per generazioni, ogni discendente Leone de Castris aveva avuto cinque figli.
Quel vino, nato per caso, è divenuto leggenda. Il suo rosa cerasuolo, luminoso e vivo, i profumi fragranti di ciliegia e fragolina, la freschezza bilanciata da una struttura elegante, conquistarono da subito non solo i soldati americani, ma anche le tavole italiane prima e quelle del mondo poi. Eppure, il suo vero segreto era un altro, il Five Roses era riuscito a raccontare il Salento in bottiglia, valorizzando ciò che quella terra poteva offrire, senza cedere alle mode ma anticipandole.
Il successo non fu effimero, il Five Roses resistette al tempo, attraversando epoche e gusti diversi, mantenendo intatta la sua identità. Quando il rosato non era ancora di moda, lui c’era già, quando si parlava solo di vini rossi strutturati o bianchi eleganti, lui sapeva come farsi spazio, con discrezione ma con carattere.
Ancora oggi, quell’etichetta nata quasi per scommessa, continua a essere il simbolo di una cantina che ha saputo restare fedele a sé stessa, pur guardando lontano. Leone de Castris non solo ha creato un vino, ma ha scritto una pagina dell’enologia italiana, e il Five Roses, con il suo nome semplice e universale, resta lì, a ricordarci che anche nei momenti più bui può nascere qualcosa di straordinario, basta saper ascoltare il proprio territorio, cogliere l’occasione, e avere il coraggio di crederci.