Esiste un’Italia vinicola che sfugge alle pagine dei testi accademici e si rivela soltanto camminando tra le vigne. Un Paese custodito nelle strutture centenarie delle aziende, tramandato attraverso le parole dei vignaioli che affidano il proprio sapere più alla tradizione orale che ai documenti ufficiali, annotato su fogli volanti conservati accanto alle bottiglie o condiviso nei dialoghi di fine stagione. Si tratta di un tesoro immateriale costruito su pratiche concrete, dialetti locali, scelte coraggiose e legami ancestrali con la terra, una conoscenza che sopravvive solo quando viene ascoltata e tramandata. Privato di queste voci, il settore vitivinicolo italiano rischia di ridursi a mera commodity commerciale; arricchito da esse, ritrova la propria anima identitaria.
In questa prospettiva si colloca “Storie di Vino”, la pubblicazione edita da Treccani che porta la firma di Lisa Pelagatti e Fabrizio Savigni. Adua Villa, autrice della prefazione, introduce il lettore a una chiave di lettura precisa: il vino rappresenta anzitutto un sistema di relazioni umane, non un elenco di parametri enologici, e si configura come eredità collettiva che viene trasmessa da una generazione all’altra. L’opera procede oltre la semplice catalogazione e ricostruisce un disegno articolato: regioni che si influenzano reciprocamente, varietà che portano con sé la memoria dei luoghi, voci dei produttori che restituiscono l’immagine di un’Italia che si ridefinisce a ogni cambio di paesaggio.

Gli autori
Nebbiolo e altre varietà: organismi viventi, non simboli statici
L’attraversamento dell’Italia proposto dal volume segue linee tematiche precise. La prima analizza le varietà autoctone che definiscono l’identità territoriale, con il Nebbiolo come esempio paradigmatico, presentato non quale icona immutabile ma come espressione dinamica plasmata dalle decisioni dei viticoltori, dalle genealogie familiari, dalle caratteristiche pedologiche che variano anche a distanza di pochi metri. Un secondo percorso esamina le etichette che hanno conquistato i mercati internazionali, sottolineando come trasformazioni epocali – dal successo storico del Marsala alle strategie contemporanee che hanno ridisegnato la presenza italiana all’estero – derivino sempre da progetti consapevoli capaci di modificare la percezione del gusto tricolore nel mondo.
Profili olfattivi e longevità dei bianchi: territorio come archivio sensoriale
Il libro dedica ampio spazio all’analisi dei profili aromatici, con Friuli e Alto Adige presentati come casi studio in cui le caratteristiche organolettiche diventano archivio di una narrazione storica che trascende la semplice classificazione varietale. Parallela è la trattazione sui bianchi destinati alla maturazione prolungata, capitolo che smonta un luogo comune consolidato dimostrando come l’altimetria dei vigneti, la composizione geologica e l’esperienza del produttore possano conferire a questi vini una straordinaria capacità evolutiva.
Metodo classico, assemblaggi e recupero di varietà dimenticate
Una sezione rilevante esplora il mondo delle bollicine italiane, dove la tecnica produttiva non viene esposta in forma didattica ma interpretata nelle sue ricadute antropologiche: il tempo diventa materia prima, il rigore si trasforma in visione del mondo. L’opera presta attenzione anche agli assemblaggi intesi come ricerca di armonia spontanea anziché soluzione di ripiego, e dedica particolare cura alle vicende dei vitigni recuperati dall’estinzione, salvaguardati da chi ha scelto di valorizzarne l’unicità espressiva ignorando le logiche puramente quantitative del mercato. Proprio in questi passaggi “Storie di Vino” assume la dimensione di intervento culturale, un appello al riconoscimento della ricchezza ampelografica nazionale e alla sua tutela come risorsa irriproducibile.
Oltre le denominazioni: un arcipelago di narrazioni locali
La conclusione del volume consegna un’idea tanto nitida quanto incisiva: il patrimonio vitivinicolo italiano non si configura come un atlante di zone DO, ma come un arcipelago di narrazioni stratificate, dove ogni altura custodisce un lessico proprio, ogni conca mantiene una cadenza particolare, ogni ceppo reca un’eredità nominale. “Storie di Vino” evita deliberatamente di appiattire questa articolazione complessa, la celebra, la fa interagire, le conferisce lo spessore di una cronaca meritevole di trasmissione intergenerazionale. Perché il vino, prima ancora di essere consumato, richiede di essere custodito nella memoria collettiva e ogni denominazione, prima di cristallizzarsi su un’etichetta commerciale, rappresenta una vicenda che merita salvaguardia.
Scheda del libro
Titolo: Storie di Vino
Autori: Lisa Pelagatti, Fabrizio Savigni
Prefazione: Adua Villa
Editore: Treccani
Anno di pubblicazione: 2024
Pagine: 173

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it

