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Ready to Drink: il fenomeno globale che l’Italia del vino guarda con cautela

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Aperitivo in lattina, spritz già preparato e cocktail aromatizzati pronti da stappare: i Ready to Drink (RTD) sono diventati un fenomeno sociale globale che sta interessando sempre più anche il settore vinicolo. Mentre il resto del mondo accoglie questi prodotti con entusiasmo, l’Italia mostra un atteggiamento più cauto, quasi a voler preservare il primato della tradizione enologica.

Cosa sono i vini RTD

I vini Ready to Drink sono prodotti confezionati in formati ridotti e pratici – dalle lattine alle piccole bottiglie – progettati con packaging innovativi per essere consumati immediatamente, senza l’uso di accessori come il cavatappi. Pensati per il consumo all’aria aperta e in situazioni dove è richiesta maggiore praticità, rappresentano un’alternativa veloce sia ai cocktail preparati al momento sia alle classiche bottiglie da 750 ml.

Questi prodotti sono diventati protagonisti di eventi, party e cene tra amici, caratterizzati da design colorati e social-friendly, intercettando il gusto della Generazione Z che cerca semplicità, leggerezza e un’immagine fresca, distante dalla ritualità più formale del vino tradizionale.

Il boom internazionale: numeri da capogiro

I dati IWSR raccontano una vera rivoluzione nelle abitudini di consumo globali. Negli Stati Uniti, i volumi RTD sarebbero cresciuti del 14% annuo tra il 2019 e il 2024, mentre il vino fermo perde terreno. Il Giappone registra una situazione simile, con cocktail premiscelati e bevande a base di vino in costante crescita a scapito delle etichette più classiche.

In Canada e Australia, i consumatori giovani alternano sempre più il vino tradizionale ai RTD. Il dato canadese è particolarmente eloquente: entro il 2028 i prodotti pronti da bere dovrebbero superare per volumi sia il vino fermo che lo spumante messi insieme.

Gli ingredienti del successo sono evidenti: packaging vivace, porzioni ridotte e messaggi che richiamano benessere e moderazione. Un cocktail in lattina si consume al parco, davanti alla TV o in metropolitana, mentre un bicchiere di vino rimane legato a contesti più strutturati come tavola, ristorante e convivialità.

Europa: crescita diffusa con l’eccezione Germania

Anche nel continente europeo i RTD hanno trovato terreno fertile. In Germania, pur partendo da numeri contenuti, sarebbero cresciuti dell’11% annuo nell’ultimo quinquennio. A conquistare i consumatori tedeschi sono soprattutto spritz e cooler, bevande che uniscono la familiarità del vino con la freschezza del cocktail.

L’anomalia italiana: tradizione vs innovazione

L’Italia rappresenta un caso particolare in questo panorama. Nonostante l’esplosione internazionale dei RTD, i volumi dei vini Ready to Drink sarebbero calati del 2% nel 2024, con prospettive di stabilità fino al 2029, risultato in netta controtendenza rispetto al resto del mondo.

Il vino fermo soffre con un -3% CAGR tra 2019 e 2024, ma il vino spumante regge meglio e addirittura cresce, trainato dal Prosecco e da una tradizione che lo lega tanto alla festa quanto agli aperitivi quotidiani.

I numeri del mercato italiano

Le ricerche IWSR evidenziano come solo il 21% dei consumatori italiani di vino fermo sceglierebbe anche RTD, mentre appena l’1% opterebbe per un cocktail premiscelato se non trovasse il vino.

La Generazione Z, pur mostrando interesse maggiore rispetto agli adulti (16% di consumatori RTD contro il 9% per il vino fermo), non raggiunge i livelli di adesione dei coetanei stranieri, dimostrando come il legame con la tradizione vinicola italiana rimanga forte anche tra i più giovani.

Due modelli a confronto

Il confronto delinea due approcci distinti: da un lato Paesi dove i cocktail in lattina stanno diventando un’abitudine quotidiana, dall’altro l’Italia, dove il vino mantiene un forte valore culturale e simbolico, quasi identitario.

Questa resistenza italiana non è necessariamente un limite: può rappresentare il mantenimento di una cultura enologica profonda che valorizza la ritualità, la qualità e l’esperienza di degustazione tradizionale.

Prospettive future: innovazione senza perdere l’identità

La partita non è chiusa. Alcune aziende italiane stanno sperimentando con vini in lattina premium, spritz aromatizzati e packaging più accessibili, tentando di parlare la lingua dei giovani consumatori senza abbandonare le radici enologiche.

Il rischio è restare ancorati al passato e perdere rilevanza in un mercato globale che si evolve rapidamente. L’opportunità è quella di reinventarsi, mantenendo l’anima del vino italiano ma aprendosi a nuovi format e nuove occasioni di consumo.

La sfida dell’equilibrio

Per il settore vinicolo italiano si profila una sfida complessa: come innovare senza snaturare la propria identità? La risposta potrebbe risiedere nello sviluppo di RTD di alta qualità che mantengano gli standard qualitativi del vino italiano, offrendo al contempo la praticità e l’immediatezza richieste dalle nuove generazioni.

Il futuro del vino italiano potrebbe quindi non essere una scelta tra tradizione e innovazione, ma la capacità di coniugare entrambe, creando prodotti che rispettino l’heritage enologico nazionale pur intercettando le nuove esigenze di consumo globali.

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