martedì, Novembre 18, 2025
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Paul Mas al Merano WineFestival: 25 anni di Languedoc tra tradizione e visione

Il racconto della degustazione dei Domaines Paul Mas al Merano WineFestival: la storia di Jean-Claude Mas, il legame con il Languedoc, un percorso sensoriale.

I Domaines Paul Mas hanno raccontato al Merano WineFestival 25 anni di storia del Languedoc-Roussillon, la più vasta area vitata della Francia, attraverso la degustazione “Il lusso rurale del Sud della Francia” condotta da Thomas Taddeo, responsabile Italia dei Domaines Paul Mas, affiancato dal giornalista Marco Sciarrini. Un incontro che ha ricostruito l’intreccio di territorio, memoria e visione moderna di un’azienda che oggi conta 2.500 ettari tra proprietà e conferitori storici, presenza in 89 Paesi, una produzione che supera i 20 milioni di bottiglie e 45 vitigni coltivati.

L’airone rosso e la memoria che diventa identità

La storia prende vita attraverso un’immagine evocata da Taddeo: un bambino che passeggia tra le vigne e ogni volta incontra un airone rosso. Quel bambino è Jean-Claude Mas, erede della famiglia e artefice della svolta moderna dell’azienda. L’airone, divenuto simbolo del domaine, non è un segno grafico ma un ricordo personale trasformato in identità.

Sciarrini ricorda un dettaglio significativo delle sue visite: nella sede centrale, tra tecnici e responsabili di cantina, “si trovano più italiani di quanto ci si aspetterebbe andando in Francia”. Un inciso che restituisce l’atmosfera di un’azienda aperta, internazionale, e allo stesso tempo legata a figure che hanno lasciato un’impronta profonda come Giorgio Grai, maestro che ha contribuito a definire lo stile dei blend e la ricerca della finezza.

Dal rischio alla rinascita

Nel 2000 Jean-Claude Mas eredita una ventina di ettari. Il territorio è ricco, ma poco valorizzato, i vigneti costano ancora pochissimo e gran parte del vino locale viene venduto “a peso”. Di fronte all’ipotesi di cedere tutto, sceglie invece di investire. È l’inizio di una crescita che negli anni diventa vertiginosa.

Il modello organizzativo assegna a ogni domaine un proprio enologo e un proprio agronomo. Un progetto è in continua espansione, ma con una cura sorprendentemente artigiana. In alcune parcelle, inserite in aree naturali protette, si lavora ancora a cavallo, un’immagine portata da Sciarrini che descrive meglio di qualsiasi definizione il rispetto con cui la vigna viene trattata. Non stupisce che l’azienda sia stata premiata come Miglior Cantina d’Europa da Wine Enthusiast.

Un mosaico mediterraneo

Il Languedoc è un territorio capace di parlare molte lingue. Accanto ai vitigni francesi più diffusi, il domaine coltiva varietà che suonano familiari alle orecchie italiane: Vermentino, Cannonau/Grenache, Sangiovese, Montepulciano. Una ricchezza che riflette la natura mediterranea della regione e la volontà di esplorare stili e identità diverse. “Vogliamo fare vini contemporanei”, è stato spiegato da Taddeo durante l’incontro, “ma senza perdere il legame con la nostra terra.”

A questo si aggiunge il tema, affrontato con naturalezza, della democraticità del prezzo, vini pensati per offrire freschezza, pulizia e autenticità a un costo volutamente accessibile. Un approccio che nasce dalla storia del territorio, dove i terreni, per anni sottovalutati, hanno reso possibile investire in qualità senza far lievitare i prezzi, e si traduce oggi in etichette che coniugano cura artigiana e sostenibilità economica.

La degustazione: un racconto in sei passaggi

La degustazione guidata ha seguito un percorso che dal Limoux, culla storica delle bollicine francesi, si è progressivamente spinta verso il cuore più caldo e mediterraneo del Languedoc, lasciando emergere sfumature, stili e identità differenti ma unite da una chiara linea conduttrice, la volontà di offrire vini autentici, leggibili, democratici.

Si è cominciato con la Blanquette de Limoux, una versione non millesimata che interpreta l’anima più antica del territorio. La struttura è affidata in larga parte al Mauzac, vitigno autoctono capace di regalare fragranza, acidità viva e un carattere rustico che nelle mani di Paul Mas trova una nuova gentilezza. Il residuo zuccherino volutamente più alto serve a equilibrare la freschezza marcata del Mauzac, senza cedere alla dolcezza, il risultato è un sorso immediato e spontaneo.

Accanto a questa, il Crémant de Limoux, più rigoroso, più vicino alla classicità francese del metodo tradizionale. Qui entrano in gioco Chardonnay e Chenin Blanc, con una piccola parte di Mauzac a mantenere il legame con il territorio. Il profilo si fa più verticale, gli agrumi si intrecciano alla crosta di pane e la bollicina, modellata da dodici mesi di affinamento, assume un tono più gastronomico.

Il terzo vino, Vignes de Nicole Chardonnay–Viognier 2024, ha aperto la porta a un’altra parte del Languedoc, fatta di bianchi solari ma sorprendentemente equilibrati. Il blend gioca su un contrasto armonioso, la cremosità dello Chardonnay, coltivato su suoli calcarei, e la fragranza esotica del Viognier, che porta in dote fiori bianchi e frutta matura. Una piccola parte dell’affinamento in legno arrotonda il sorso senza appesantirlo, mantenendo quella leggerezza contemporanea che i Domaines Paul Mas hanno scelto come cifra stilistica.

Si è quindi passati ai rossi della linea Vignes de Nicole, simbolo della crescita qualitativa dell’azienda e del suo desiderio di andare oltre l’etichetta di “regione da vini semplici”. Il Cabernet Sauvignon–Syrah 2024 è stato il primo dei due, un vino che unisce la struttura tipica del Cabernet alla speziatura mediterranea della Syrah, senza perdere freschezza. Il legno, parte francese, parte americana, aggiunge finezza aromatica, mentre il territorio di Montagnac dona profondità e salinità.

Più classico il Cabernet Sauvignon–Merlot 2023, che rilegge in chiave sud-francese un taglio bordolese. Il frutto è maturo ma composto, il sorso morbido e lineare, con una trama tannica setosa che evidenzia quanto il concetto di “democraticità” non significhi mai banalità. Il carattere del Languedoc rimane percepibile, una luce più calda, un tocco di rosmarino, un accenno di grafite che emerge dal calcare.

A chiudere, l’etichetta più autorevole della sessione: Mas Astelia Cabernet Sauvignon 2023, proveniente dalla tenuta simbolo della nuova generazione Paul Mas. Qui il Cabernet assume una dimensione completamente diversa, più scuro, più profondo, più ambizioso. La tessitura è fitta ma elegante, e il legno dialoga con il frutto senza sovrastarlo. È il vino che segna un confine, quello che mostra fino a dove può spingersi il Languedoc quando viene interpretato con visione e sensibilità contemporanea.

Nel complesso, una degustazione che ha rivelato il vero spirito dei Domaines Paul Mas: vini sinceri, curati, accessibili ma non semplici, pensati per un pubblico vasto, ma capaci di sorprendere anche i palati più esperti. Un racconto, in bottiglia, di un territorio che sta riscrivendo il proprio ruolo nella geografia del vino francese.

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