Non si arresta la crociata dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nei confronti del consumo di alcolici. Dopo aver reso noti nel giugno del 2024 i dati aggiornati del “Rapporto Globale su alcol e salute e sul trattamento dei disturbi da uso di sostanze” evidenziando l’aggravarsi dello scenario e la conseguente necessità di intervenire per arginarne gli effetti, l’OMS ha diffuso un nuovo report questa volta dedicato specificamente a quel Vecchio Continente dove i livelli di consumo di alcol sarebbero rimasti sostanzialmente invariati per oltre un decennio, rendendola la sotto regione più a rischio.
Il nuovo studio dal titolo “Monopoli nordici dell’alcol: comprendere il loro ruolo in una politica globale sull’alcol e l’importanza per la salute pubblica” analizza il modello diffuso negli ultimi anni in Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Isole Faroe da un lato per dimostrare concretamente come la struttura del sistema di distribuzione al dettaglio di alcolici influisca significativamente sulle vendite degli stessi, dall’altro per promuoverlo quale importante benchmark da cui altri paesi dell’UE potrebbero trarre ispirazione.
In queste realtà del Nord Europa (escluse Danimarca continentale e Groenlandia) storicamente note per il consumo smodato di alcol e conseguenti alti livelli di danni associati, l’introduzione di punti vendita di proprietà statale che hanno il diritto esclusivo di vendere la maggior parte delle bevande alcoliche avrebbe infatti contribuito ad invertire la tendenza.
Grazie ad ÁTVR in Islanda (con Vínbúðin come punto vendita al dettaglio di alcolici), Systembolaget in Svezia, Alko in Finlandia, Rúsdrekkasøla Landsins nelle Isole Faroe e Vinmonopolet in Norvegia secondo l’OMS sarebbe stato possibile attuare efficacemente le politiche nazionali anti alcol.
A differenza dei negozi di alimentari e di altri punti vendita, dove la commercializzazione di alcolici è influenzata da strategie di marketing e dall’orientamento al profitto, i monopoli nordici al dettaglio avrebbero garantito infatti un approccio consapevole, strutturato e sociale che avrebbe dato priorità alla salute pubblica rispondendo ai tre “best buy” dell’OMS:
- Riduzione della disponibilità di alcolici limitando gli orari, i giorni di operatività e il numero di punti vendita in una determinata area;
- allineamento alle strategie nazionali sull’alcol imponendo accise elevate;
- ridimensionamento della propensione al consumo eliminando pubblicità, prezzi scontati e altre forme di promozione e massimizzazione delle vendite negli shop come sui loro siti web e altri canali di comunicazione.
Altro aspetto significativo del ruolo dei monopoli nordici sarebbe l’educazione del pubblico sui danni legati all’alcol e la protezione dei giovani, in particolare attraverso la distribuzione di informazioni ai genitori sull’impatto dell’alcol su bambini e ragazzi, la promozione di comportamenti responsabili attraverso varie campagne, e severi controlli dell’età nei loro negozi.
L’approccio che enfatizza la gestione dell’alcol come un prodotto con rischi intrinseci piuttosto che come un comune bene di consumo e che si presta a creare degli spazi di consapevolezza nell’ambito della catena distributiva sarebbe per l’OMS un’ottima dimostrazione di come le politiche sull’alcol possano funzionare dal momento che i paesi nordici hanno un consumo di alcol pro capite inferiore rispetto alla media dell’UE e, in genere, hanno tassi più bassi di danni attribuibili all’alcol, che spaziano dalle malattie del fegato, ai tumori e alle condizioni cardiovascolari, fino a lesioni e annegamenti. Tutti motivi per i quali i monopoli andrebbero considerati come modello esemplare cui ispirarsi.