Il recente dibattito sull’obbligatorietà della capsula, riacceso dopo la decisione del Comité Champagne di renderla facoltativa, trova una risposta concreta nei numeri. Una ricerca condotta da SenseCatch per Crealis, presentata al Trentodoc Festival, dimostra che la lamina sul collo della bottiglia non è un orpello estetico, ma un fattore che incide in modo sostanziale sulla scelta e sul valore percepito del vino.
Una ricerca ad alta precisione
Il panel di riferimento era composto da uomini e donne tra i 25 e i 50 anni, responsabili d’acquisto, che abitualmente comprano 1-2 bottiglie di vino al mese. I partecipanti sono stati osservati in un percorso di simulazione di acquisto, con bottiglie di rossi e spumanti debrandizzate, declinate in quattro linee di design: premium, moderno, basic e bio, con e senza capsula.
La ricerca ha utilizzato strumenti di neuromarketing: occhiali eye-tracker per analizzare l’attenzione visiva e sensori biometrici per registrare le reazioni emotive e razionali in tre momenti chiave — scaffale, interazione fisica, degustazione. Il test è stato poi completato da interviste qualitative, con l’obiettivo di far emergere come cambia il linguaggio del consumatore di fronte a una bottiglia vestita o “capless”.
Dati che parlano chiaro
I risultati sono inequivocabili. In 9 casi su 10 gli intervistati hanno scelto una bottiglia con capsula, percentuale che diventa 100% nel caso degli spumanti. La capsula rafforza l’attenzione a scaffale, completa il design e comunica qualità. Come ha osservato Angela Pirovano, Marketing & Communication manager Italy del Gruppo Crealis, «le bottiglie con capsula sono giudicate “più pregiate”, “più sicure” e “di qualità superiore”, mentre quelle capless vengono spesso percepite come “incomplete”, “artigianali” e “poco curate”».
A livello numerico, il confronto è evidente: le bottiglie con capsula ottengono una valutazione media di 8,6 su 10, contro il 7 delle bottiglie prive (–12,5%). Inoltre, la loro capacità di emergere a scaffale cresce del 64%.
Dal packaging all’esperienza sensoriale
Non si tratta solo di estetica. La capsula è ancora percepita come garanzia di igiene e sicurezza, soprattutto per i vini rossi dove il tappo rimane a filo, e negli spumanti, dove contribuisce in modo decisivo al posizionamento di pregio. Non influisce invece sulla percezione della sostenibilità, rimasta invariata.
Lo studio sottolinea anche l’impatto sensoriale. Texture, brillantezza e colore della capsula aumentano l’engagement al tatto e alla vista, rafforzando l’esperienza emotiva. Persino alla degustazione lo stesso vino è stato giudicato più gradevole e ricco di aromi se presentato in una bottiglia chiusa da capsula. «La capsula sta alla bottiglia come il cappello alla Regina Elisabetta» ha concluso Pirovano, sintetizzando il ruolo di questo dettaglio come elemento identitario.
Un magnete visivo e narrativo
Il tracciato degli eye-tracker conferma l’importanza del dialogo tra etichetta e capsula: l’attenzione del consumatore si concentra su questi due elementi in sinergia, che insieme raccontano la storia del brand. Non solo: la capsula amplifica anche le fasi successive all’acquisto, dall’apertura alla degustazione, rafforzando la percezione di qualità. Per il comparto vino, resta quindi uno strumento di marketing sottovalutato, ma cruciale per distinguersi in scaffale e consolidare il posizionamento.
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