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Capo di Stato: storia e identità del grande rosso veneto che incantò De Gaulle

La genesi dei vini destinati a diventare simboli e icone di territori e tradizioni enoiche è quasi sempre riconducibile ad un mix di intuizione e casualità, dove l’idea incontra l’occasione per occupare spazio ed avere espressione piena e indelebile. Capo di Stato ne è un esempio calzante, nato quasi per caso nel cuore del Veneto, oggi uno dei vini rossi più celebrati d’Italia.

La sua storia muove i primi passi negli anni Sessanta, all’interno della Tenuta Conte Loredan Gasparini, a Venegazzù, nel comune di Volpago del Montello, in provincia di Treviso, spinta da un’ambizione precisa, creare un grande taglio bordolese capace di competere con i migliori rossi francesi.

L’iniziativa fu del Conte Piero Loredan, discendente del Doge Leonardo Loredan, che avendo girato il mondo e in particolare avendo vissuto a Bordeaux riconobbe nella sua tenuta e nel rispettivo terroir la dimensione ideale per realizzare il suo obiettivo.

Il vino nasceva dallo storico vigneto del 1946, la “vigna delle 100 piante”, quelle che il Conte aveva importato dalla Francia, con cloni di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Malbec differenti rispetto al resto dell’azienda, e vinificato in barrique a differenza di quanto si faceva precedentemente, utilizzando solo botti grandi.

Venne inizialmente prodotto in pochissime bottiglie e non aveva ancora il nome con cui sarebbe diventato celebre. Fu soltanto qualche anno dopo infatti, in seguito ad una speciale e inattesa degustazione, che nacque ufficialmente Capo di Stato.

Protagonista della vicenda il presidente francese Charles De Gaulle, giunto a Venezia nel 1967 con la moglie per visitare la Biennale. Durante il soggiorno presso il celebre Hotel Gritti gli venne servita una Riserva di Rosso di Venegazzù. Rimasto colpito dalla qualità del vino, lo definì “un grande Bordeaux” e solo dopo averne chiesto l’origine, scoprì con sorpresa che proveniva dal cuore della Marca Trevigiana. 

Il commento fu eloquente, “un vino degno di un Capo di Stato”, e non solo ne ispirò quello che sarebbe stato il futuro nome ma ne favorì la notorietà destinata a crescere negli anni.

Per ringraziare la coppia presidenziale francese, il conte Piero Loredan incaricò l’artista padovano Tono Zancanaro di creare due etichette speciali: una con un uomo e la scritta “des roses pour madame” per Yvonne De Gaulle, e una con una donna e la frase “…et pour Monsieur la Bombe” per il presidente. Da questa idea nacque il nome Capo di Stato. L’etichetta, simbolica e ricca di significato, fu realizzata in due versioni: la più usata raffigura Bacco con le rose, mentre quella con la Dea del Vino è riservata a occasioni speciali. Le immagini riflettono la trasformazione dell’uva (femminile) in vino (maschile), tema caro all’artista.

La composizione del Capo di Stato ricalca i grandi blend bordolesi: Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Malbec. L’unione di queste varietà dà vita a un rosso intenso, strutturato, ma di grande eleganza. Al naso spiccano note di frutta matura, spezie, cuoio e tabacco, mentre al palato si distingue per equilibrio, complessità e lunga persistenza. È un vino che esprime al meglio le caratteristiche del suo territorio d’origine, grazie anche a un’attenta gestione delle vigne e a un processo produttivo rigoroso.

Il terroir di Venegazzù, situato sul versante sud del Montello, è caratterizzato da suoli argillosi e ricchi di minerali, elementi che conferiscono al vino struttura e longevità. Le vigne, coltivate nel rispetto della sostenibilità e con una forte attenzione alla qualità, si estendono su colline ben esposte e ventilate. La raccolta delle uve è manuale, con una selezione accurata dei grappoli, seguita da una vinificazione tradizionale e da un lungo affinamento in barrique di rovere francese.

Nel corso del tempo, l’azienda è passata sotto la guida della famiglia Palla, che ha proseguito il lavoro iniziato dal conte Loredan, valorizzando ulteriormente il vino simbolo della tenuta. L’approccio contemporaneo alla viticoltura si affianca a una visione coerente con la storia e l’identità del prodotto. La produzione rimane limitata, mantenendo così il carattere esclusivo del Capo di Stato.

Oggi, dopo oltre cinquant’anni, Capo di Stato è considerato uno dei grandi rossi italiani. È apprezzato da critici e collezionisti, presente nelle migliori enoteche e nelle carte dei vini dei ristoranti d’eccellenza. La sua capacità di evolvere nel tempo, la coerenza qualitativa e il forte legame con il territorio ne fanno un punto di riferimento nel panorama enologico nazionale. Non è solo un vino, ma un simbolo di tradizione, di eleganza e di visione che ha saputo attraversare le epoche senza perdere mai il suo fascino.

Photo Credits: Loredan Gasparini

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