Le tensioni che attraversano il mondo del vino italiano determinate da uno scenario geopolitico e macroeconomico complesso non accennano a scemare e restano al centro del dibattito sul futuro di un settore chiamato ad affrontare numerose sfide che vanno oltre la contingente crisi legata alla guerra dei dazi.
L’acuirsi degli effetti del cambiamento climatico, le difficoltà nel reperimento di risorse umane qualificate per affrontare mercati globali sempre più complessi ed esigenti e un consumatore che sta progressivamente modificando il proprio rapporto con il nettare di Bacco, richiedono ancora una volta al sistema vino nostrano di mostrare il suo volto resiliente, un dato che storicamente ritorna e non dovrebbe smentirsi, almeno secondo quanto emerge da un recente studio condotto da Nomisma, in collaborazione con Wine Monitor e UniCredit sulla competitività delle Regioni del Vino.
L’indagine, avente ad oggetto la tenuta del vino italiano sui mercati internazionali, si è focalizzata sulla comprensione delle attuali tendenze e sulla percezione del vino italiano da parte dei consumatori con particolare attenzione agli Stati Uniti, consentendo da un lato di avere un riscontro sulla riposta dei mercati dall’altro di individuare eventuali criticità da affrontare.
Basata su una consumer survey rivolta a circa 2.000 persone residenti negli stati americani a più alto tasso di consumo di vino (New York, California e Florida) la ricerca ha esplorato non solo le abitudini di consumo, ma anche le preferenze enologiche, i criteri di scelta, le tendenze salutistiche e ambientali, e il livello di conoscenza dei vini italiani, con particolare attenzione a quelli regionali. La raccolta dei dati si è concentrata sulle dichiarazioni degli intervistati, permettendo di tracciare un profilo preciso del consumatore tipo e delle sue inclinazioni.
Dallo studio emergerebbero segnali incoraggianti: la maggioranza dei consumatori americani sarebbe incline ad un incremento del consumo di vino italiano nei prossimi 12 mesi. Oltre il 65% dovrebbe mantenere stabili le proprie abitudini, il 25% intenderebbe aumentare il consumo, contro solo il 13% che penserebbe ad una riduzione.
Le regioni italiane più apprezzate sarebbero la Sicilia e la Toscana, considerate produttrici di vini di alta qualità. In particolare, i vini siciliani sarebbero noti a sei consumatori su dieci e il 20% affermerebbe di averli degustati. Il profilo tipico dell’appassionato di vino siciliano sarebbe quello di un millennial tra i 29 e i 44 anni, con buona conoscenza del settore e un reddito superiore ai 100.000 dollari annui.
I fattori che spingerebbero alla scelta del vino italiano riguarderebbero la tradizione, l’ampia varietà di vitigni autoctoni e la qualità percepita.
A livello macroeconomico, nel 2024 l’export vinicolo italiano avrebbe mostrato secondo lo studio di Nomisma una crescita del 6% a valore, sostenuta in particolare dagli spumanti (+9%), con un ruolo di primo piano del Prosecco (+11%). L’Italia si confermerebbe il Paese con la crescita delle esportazioni più consistente degli ultimi dieci anni (+60%), superando Francia e Nuova Zelanda.
Fin qui le considerazioni più rassicuranti cui fanno da contraltare le osservazioni sulle aree di rischio rispetto alle quali lavorare in ottica strategica.
Primo dato critico la concentrazione del 60% dell’export italiano in soli cinque paesi, con gli Stati Uniti in testa (24%) una condizione che dovrebbe spingere verso una diversificazione dei mercati di destinazione. realtà in forte crescita come Corea del Sud, Polonia, Vietnam e Romania potrebbero offrire soluzioni in tal senso con interessanti margini di espansione.
Anche a livello interno, l’export sarebbe fortemente polarizzato: il Veneto da solo rappresenterebbe il 37% delle esportazioni, seguito da Toscana e Piemonte (15% ciascuna), un’eccessiva concentrazione che potrebbe limitare le opportunità per altre regioni.
Dallo studio emergerebbe poi quanto sia cruciale anche cogliere i segnali di cambiamento nei gusti dei consumatori come la maggiore attenzione alla qualità (33%), il desiderio di esplorare nuove regioni (28%), la ricerca di vini più leggeri e con minore gradazione alcolica, oltre alla crescente sensibilità ambientale, in particolare tra i giovani.
Se il sistema vino italiano sarà in grado di muoversi strategicamente sui diversi piani, compresi quelli critici, emersi dallo studio Nomisma Wine Monitor, potrebbe garantirsi un ruolo da protagonista anche per il prossimo futuro.