Home Attualità Vino italiano verso il Mercosur: cosa cambia con l’accordo UE

Vino italiano verso il Mercosur: cosa cambia con l’accordo UE

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Il 20 dicembre si avvicina e con esso il Vertice che dovrebbe chiudere definitivamente un negoziato iniziato oltre vent’anni fa: l’accordo commerciale tra Unione Europea e Mercosur. Il blocco sudamericano – che comprende Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay – non è solo un partner economico importante per Bruxelles, ma rappresenta anche un alleato strategico sul piano geopolitico in un’area del mondo sempre più contesa.

Lo scorso 3 settembre la Commissione ha pubblicato i testi definitivi della parte commerciale, spostando il dossier dalla fase tecnica a quella politica. E il dibattito si è riacceso. In un momento storico dove le guerre commerciali, i dazi e l’incertezza geopolitica ridisegnano gli equilibri globali, l’Europa deve chiedersi se può continuare a dipendere da pochi mercati di sbocco o se è arrivato il momento di diversificare le rotte export.

Dazi alti, consumi bassi: il quadro attuale

Per il settore vitivinicolo, la questione centrale è una: l’abbattimento progressivo dei dazi d’ingresso nei Paesi Mercosur, che oggi oscillano tra il 20% e il 35%. Sono barriere che hanno reso finora poco conveniente esportare vino europeo in quest’area.

I numeri raccontano una situazione paradossale. Secondo il Sustainability Impact Assessment commissionato dalla Commissione Europea a LSE Consulting, il Mercosur produce circa il 6% del vino mondiale, ma i consumi interni restano limitati e le importazioni non superano i 2 milioni di ettolitri l’anno. Un dato che risente proprio dell’elevata pressione fiscale all’import.

L’accordo non garantisce boom immediati, ma cambia le regole del gioco. Abbassare i dazi, snellire le pratiche doganali e rafforzare la protezione delle Indicazioni Geografiche europee significa rendere più accessibile e competitivo il vino italiano in mercati finora marginali. Il Brasile, in particolare, mostra segnali interessanti: nelle metropoli cresce la domanda di prodotti di qualità medio-alta e premium, un segmento dove l’Italia può giocarsi le sue carte migliori.

Nessuna illusione, serve strategia

Ma guai a pensare che basti firmare l’accordo per vedere risultati rapidi. Il Mercosur non è un mercato facile: ci sono produttori locali già affermati, distanze logistiche enormi, differenze economiche profonde tra i due blocchi e culture del consumo ancora lontane da quelle europee. Servono progetti di lungo respiro, investimenti mirati e una presenza costante. Non bastano missioni esplorative o azioni spot.

Qui il ruolo delle aziende diventa cruciale. L’accordo va visto come un’infrastruttura strategica, non come una vetrina temporanea. Serve capacità di guardare oltre i mercati consolidati – spesso saturi – e costruire nuove filiere commerciali con pazienza e metodo. Senza rincorrere guadagni facili, ma con una visione solida e compatibile con la complessità dell’America Latina.

Un messaggio politico oltre che economico

L’accelerazione impressa al dossier UE–Mercosur ha anche una valenza politica chiara. Non si tratta solo di aprire nuovi mercati, ma di lanciare un messaggio: l’Europa vuole allargare il suo raggio d’azione commerciale in un contesto internazionale sempre più frammentato e imprevedibile.

Nella diplomazia commerciale, i segnali valgono quanto i numeri. E questo accordo segnala la volontà di costruire alternative credibili, non di inseguire soluzioni d’emergenza. Per il vino italiano, potrebbe essere l’occasione giusta per ripensare la propria geografia export e prepararsi a un futuro meno concentrato e più resiliente.

Immagine di freepik

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