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Vino: consumi luxury in difficoltà negli USA (-7%), ma non per i rossi italiani (+3%)

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C’è un trend interessante nel declino dei vini rossi negli Stati Uniti: le etichette di alta gamma made in Italy, con un prezzo a partire da 50 dollari (prezzo alla distribuzione), hanno registrato tra gennaio e agosto un aumento del 3% nelle vendite a valore.
Questo contrasta con una performance generale del segmento luxury in calo del 7%, con i vini francesi a -16% e quelli americani allineati alla media di mercato. Questi dati sono stati presentati a Vinitaly.Usa, svoltosi a Chicago il 20 e 21 ottobre, e provengono dall’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly sui dati SipSource di agosto.

Il monitoraggio delle vendite effettuato dai distributori statunitensi evidenzia un posizionamento sorprendente per i rossi di alta gamma italiani, che, sebbene rappresentino solo il 2% del volume delle vendite di vini rossi italiani, contribuiscono per il 14% al valore totale. Questa percentuale sale al 23% se si considerano anche i rossi super-premium, con prezzi compresi tra i 24 e i 50 dollari, a fronte di un modesto 6% in termini di volume.

“L’Italia – ha detto nel suo intervento a Chicago il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldipuò contare da una parte sulla forza di brand territoriali ormai riconosciuti come iconici dagli appassionati americani; dall’altra sull’esperienza del turista americano in Italia, sempre più fattore di affezione una volta rientrati a casa”.
Non a caso, a fare da protagoniste (quasi assolute) della nicchia luxury sono le etichette toscane, responsabili del 45,5% del mercato statunitense dei rossi made in Italy di alta gamma, cresciute del 13% tra gennaio e agosto di quest’anno. A tirare la volata nelle preferenze di un consumatore tipo particolarmente conservativo e affezionato a proposte e territori già conosciuti, il Brunello di Montalcino, prima denominazione con una fetta di mercato pari al 32% dei rossi di lusso. Seguono a distanza nella classifica regionale dalla galassia Bolgheri (11,5%) e Chianti Classico (2%). Per i nobili piemontesi si guadagna il secondo posto assoluto il Barolo (16%), mentre il Barbaresco (4%) è fuori dal podio, un gradino sotto al Bolgheri Superiore (7%). In forte difficoltà invece, secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, aree enologiche che sin qui hanno trainato il segmento lusso, come Bordeaux (-37%), Borgogna (-12%), Napa Valley (-24%).

Dai rossi “nobili” ai nuovi trend che, dagli Usa, stanno abbracciando consumatori di tutto il mondo, come sottolineato nel corso dell’inaugurazione di Vinitaly.USA da Marzia Varvaglione, presidente di Agivi, Associazione dei giovani imprenditori vitivinicoli italiani di Unione italiana vini (Uiv): “Dai ready to drink, ai low e no-alcohol, è importante non avere pregiudizi, non dobbiamo avere paura del nuovo che avanza. Come produttori italiani dobbiamo comprendere i fenomeni sottostanti e, di conseguenza, iniziare a comunicare il vino in modo più inclusivo. Il nostro ruolo, come imprenditori, è quello di capire quali sono le nuove opportunità che il mercato presenta, in particolare quello statunitense. Parlare di giovani – ha concluso – è una questione di responsabilità: saranno la prossima generazione del vino, giovani cosmopoliti attenti alla qualità nel piatto e nel bicchiere”. 

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