Un team di ricercatori dell’Università Fudan di Shanghai ha lanciato una nuova sfida alle convinzioni tradizionali sulla prevenzione cardiovascolare: bere bollicine e vino bianco con moderazione potrebbe ridurre il rischio di arresto cardiaco improvviso (SCA).
Lo studio, pubblicato il 28 aprile sul Canadian Journal of Cardiology, si basa sull’analisi dei dati della UK Biobank, un vasto archivio biomedico che ha seguito oltre 500.000 individui per più di un decennio.
Il gruppo di scienziati guidato dal dott. Huihuan Luo ha preso in esame 56 fattori di rischio potenzialmente legati alla SCA, un evento cardiaco spesso fatale e improvviso.
Combinando i dati epidemiologici con un approccio di randomizzazione mendeliana, tecnica che sfrutta varianti genetiche per valutare relazioni causali, i ricercatori sono riusciti a isolare nove fattori con una relazione diretta con l’insorgenza della patologia.
Tra i fattori protettivi più significativi il consumo di frutta e, sorprendentemente, quello di vino bianco o spumante, un risultato inaspettato che andrebbe per certi versi a contraddire anni di enfasi sul solo vino rosso come “amico del cuore”.
I ricercatori non hanno individuato un meccanismo unico alla base della correlazione, ma ipotizzano che i polifenoli presenti anche nei vini bianchi, come l’acido protocatechico, possano giocare un ruolo benefico. Inoltre l’alcol in sé, se assunto in dosi moderate, potrebbe favorire un miglioramento della funzione endoteliale e della circolazione sanguigna.
L’analisi ha mostrato che soggetti con una dieta ricca di frutta, vita sociale attiva, stato d’animo positivo e pressione sanguigna sotto controllo risulterebbero meno esposti al rischio di SCA. Eliminando i due terzi peggiori tra i 56 fattori identificati, fino al 63% dei casi potrebbe essere potenzialmente evitato.
Il punto di forza dello studio risiede nell’ampiezza del campione e nell’uso della randomizzazione mendeliana, che riduce il rischio di distorsioni comuni negli studi osservazionali. Ci sarebbero però dei limiti da considerare, in particolare la popolazione della UK Biobank è composta principalmente da individui bianchi di mezza età, quindi l’applicabilità ad altri gruppi demografici sarebbe da verificare. A ciò si aggiunge che il questionario utilizzato non ha registrato la quantità esatta di alcol consumata, rendendo difficile stabilire la soglia “ottimale” di assunzione.
In prospettiva le implicazioni dello studio sono rilevanti. Se confermate da ulteriori ricerche, potrebbero modificare le attuali linee guida di prevenzione cardiovascolare, introducendo nuovi parametri nello stile di vita consigliato.
I ricercatori ovviamente si sono affrettati a sottolineare l’importanza della cautela, non si tratta infatti di promuovere il consumo di alcol quanto di comprendere meglio il ruolo che determinate abitudini possono giocare nella salute del cuore.
Secondo il dott. Renjie Chen, coautore dello studio, i risultati offrirebbero una nuova lente attraverso cui osservare la prevenzione dell’arresto cardiaco improvviso, integrando fattori psicologici, ambientali e nutrizionali in un’unica strategia di salute pubblica.
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